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venerdì 30 ottobre 2009

Chavez e Moore: La fine di un idillio

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Questa storia ricorda un po’ quella del bue che dava del cornuto all’asino. Considerati però i suoi due protagonisti di genere "umano", il parallelo va fatto premettendo da un lato il rispetto dovuto a ciuchi e bovini; e dall’altro una generosa dose di quell’umana comprensione che va riservata a chi è stato fatto "becco" dal (o dalla) coniuge. Perché il fatto che uno come il regista americano Michael Moore, con quel ventre da mastro birraio dell’Oktoberfest, si metta a dare dell’ubriacone al presidentissimo del Venezuela, Hugo Chavez, è cosa che fa quantomeno sorridere. Mentre fa scompisciare il pensiero di quale sia ormai la "statura" di coloro che la sinistra elegge - senza la pur minima autoironia - a propri miti ed eroi.
La storia risale ai giorni del festival del Cinema di Venezia, bolso appuntamento lagunare che aveva visto Moore presentare il suo film più recente, Capitalism, e il signorotto di Caracas calarsi negli insoliti panni di promoter di South of the border, ultimo documentario di Oliver Stone. Andando però così anche a raccogliere, specie il secondo, il tifo delirante della gauche cinefila (quasi mi scappava «cinofila») accorsa ad acclamarlo in un tripudio di bandiere rosse con l’effigie del povero e incolpevole Che Guevara (comunque la si pensi, lui sì un eroe autentico).
Il resto del racconto è quello fatto giorni fa dallo stesso Moore al Jimmy Kimmel Show, salotto tv della rete americana Abc. E cioè che una notte, verso le 2, lui e la moglie erano stati svegliati nella loro camera d’albergo, al Lido, da un’intollerabile canea proveniente dal piano di sopra. Una telefonata alla reception, ed ecco la sorpresa: nella suite, al piano superiore, c’era il presidente Chavez. Al quale Moore, rivestitosi in fretta, era andato subito a chiedere la cortesia di abbassare il tono di quegli schiamazzi e grida.
«Una bottiglia e mezza di tequila più tardi», ha rivissuto quei momenti Moore, sghignazzando davanti alle telecamere, i due erano diventati amiconi a tal punto, complice l’alcol, che lui avrebbe aiutato il presidente a scrivere il discorso che di lì a breve avrebbe fatto alle Nazioni Unite. «Come minimo, adesso il "ragazzo" mi deve un anno di benzina gratis», ha chiosato divertito il regista, facendo sobbalzare in diretta tv il suo ventre sconfinato.
Con il risultato che «il ragazzo», ovvero Chavez, si è incavolato di brutto. Ma anziché mettere personalmente i puntini sulle «i» ovvero: A) lui è notoriamente astemio; e, B) quel meeting notturno non è mai avvenuto, avendo lui incontrato Moore soltanto di giorno, pur se per ben tre ore), il presidente ha mandato avanti il folto esercito dei suoi supporter. Sinistra contro sinistra, insomma. Tutto da ridere. A spiccare, nella furibonda e indignata polemica, è stata su tutti Eva Golinger, avvocatessa americana da anni residente a Caracas, autrice di sdraiati libri pro Chavez quanto di astiosi saggi anti yankees, e meglio nota come la Novia de Venezuela. Una sorta di Serracchiani di casa loro che con veemenza ha definito Moore un «codardo, il peggiore tra i giornalisti da strapazzo», nonché «bugiardo e menestrello del grande schermo» che con la sua comparsata in tv è stato «offensivo e insultante», a conferma delle sue «ipocrisia e assenza di etica».
Mentre un altro accademico e blogger marxista, Franz JT Lee, nato in Sudafrica e pure lui residente in Venezuela, è arrivato a definire i commenti del regista come «facenti parte della guerra delle idee condotta dagli Usa contro il Venezuela», qualcosa che a suo dire è simile alla «propaganda» che negli anni Trenta portò i nazisti al potere in Germania. Poche idee, ma chiare. Di lui ci resta da scoprire se, come Chavez, sia o no astemio. Perché qualche dubbio lo nutriamo.

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