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mercoledì 18 novembre 2009

Berlusconi: "Mai pensato alle elezioni anticipate"

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A mettere la parola fine alla ventilata ipotesi di elezioni anticipate è il Presidente del Consiglio. Berlusconi smentisce di averci mai pensato e torna a ripetere una "profezia" già annunciata altre volte in passato: la legislatura durerà cinque anni. In una nota il Premier spiega la propria posizione: "Vedo con stupore che si stanno moltiplicando e diffondendo notizie che continuano a fare apparire come imminente un ricorso alle elezioni anticipate. Non ho mai pensato a niente di simile. Il mandato che abbiamo ricevuto dagli elettori è di governare per i cinque anni della legislatura, ed è questo l’impegno che stiamo già portando avanti con determinazione e che intendiamo concludere nell’interesse del Paese". "La maggioranza che sostiene il governo è solida anche al di là di una dialettica interna che comunque ne accentua le capacità ideative. Grazie a questo sostegno ed alla fiducia che ci manifesta ogni giorno oltre il 60% degli italiani completeremo le riforme di cui l’Italia ha bisogno".
Capitolo chiuso? E' ancora presto per dirlo. Berlusconi ha ribadito che non ha intenzione di riportare gli italiani alle urne. Vuole continuare il suo lavoro a Palazzo Chigi. Ha i numeri per farlo. Il segnale agli alleati è chiaro: se qualcuno vuole rompere se ne assuma la responsabilità di fronte agli elettori.
Il Premier, conversando con i giornalisti a Montecitorio sull’ipotesi di un nuovo incontro con Fini, afferma: "Ho già avuto un incontro con Fini. Secondo me non c’è nulla da chiarire". Poi un chiarimento sulle parole del Presidente del Senato Renato Schifani: "Ha detto che se cade la maggioranza, non si può pensare a una maggioranza diversa da quella che hanno votato gli Italiani. Permettetemi di dire che ha detto una cosa ovvia".
Il Presidente del Consiglio, a chi gli chiede se ha invitato i suoi alleati, Gianfranco Fini in testa, ad accelerare sulla giustizia, risponde di non aver chiesto a nessuno di accelerare sulla giustizia. Secondo indiscrezioni in questi giorni si è parlato dell’intenzione del Cavaliere di stringere i tempi per ottenere il via libera politico dei suoi alleati sul cosiddetto processo breve prima di Natale. Sulla richiesta di dimissioni da parte dell'opposizione per il sottosegretario Nicola Cosentino, Berlusconi ha fatto sapere che non intende intervenire.
Il leader del Carroccio, il ministro Umberto Bossi, risponde in Transatlantico ai giornalisti che gli chiedono se ha timori sulle sorti del governo: "Berlusconi e Fini si siederanno uno di fronte all’altro e troveranno le soluzioni. Il governo non rischia e noi non rischiamo". "Alla fine le soluzioni si troveranno", rassicura il Senatur.
Il ministro delle politiche agricole Luca Zaia, a proposito delle polemiche riguardanti una possibile interruzione anticipata della legislatura, interviene così: "Si deve parlare di crisi solo quando la crisi c’è; tutto questo avvoltolarsi della politica attorno a parole vuote ha l’unico effetto di determinare smarrimento nei cittadini". "Questo è un rigurgito di autoreferenzialità che fa perdere di vista gli interessi concreti dei cittadini, perchè la crisi vera, quella delle campagne, dei prezzi agricoli e le difficoltà della gente, non si risolvono con incomprensibili e nascoste battaglie di potere".
Dopo l'invito del Presidente del Senato, Renato Schifani, a percorrere la strada delle elezioni in caso di "maggioranza divisa", il numero uno di Montecitorio Gianfranco Fini aveva invitato tutti alla prudenza. Ma dal quartier generale del Carroccio, il ministro dell'Interno Roberto Maroni non aveva escluso l'ipotesi del ricorso anticipato alle urne: "Per fare le riforme ci vuole una maggioranza compatta e noi abbiamo una vasta maggioranza e non abbiamo alibi, non possiamo dire che l’opposizione ci blocca. Se quindi la maggioranza è divisa, l’alternativa non può che essere quella indicata da Schifani".
Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, dichiara: "La dichiarazione del presidente Berlusconi fa tabula rasa di tutte le illazioni e a volte delle malignità tutte mirate a indebolire il capo del governo e la sua leadership politica del centrodestra. Il chiarimento è quanto mai necessario per sgombrare il terreno dai dubbi che legittimamente erano venuti dal tam tam mediatico. Il governo e la maggioranza sono solidi e hanno il dovere di andare avanti per realizzare il programma sul quale i cittadini si sono chiaramente e ampiamente espressi".
Il leader centrista, Pier Ferdinando Casini, afferma: "Minacciare elezioni anticipate è come brandire una pistola scarica, mi meraviglio della disinvoltura del Presidente Schifani, giudico improprie e inopportune le sue parole". "In assenza del Capo dello Stato dall’Italia ci sarebbe voluta una maggiore sensibilità istituzionale. Minacciare le elezioni è un fatto del tutto sterile". "Le elezioni anticipate vengono evocate in funzione ricattatoria nei confronti dei parlamentari ma non c’é nessuna possibilità che si vada alle urne anticipatamente: c’é una maggioranza che ha il dovere di governate fino alla fine della legislatura indipendentemente dalle situazioni giudiziarie del presidente del Consiglio e degli eventuali giudizi della magistratura. E’ giusto che Berlusconi governi fino alla fine della legislatura rispettando il vincolo del mandato. Peraltro non mi sembra ci siano ragioni di paralisi se il governo cominciasse a lavorare”. “Nell’eventualità che il governo decidesse di auto-affondarsi, il Presidente della Repubblica dovrebbe dare un incarico e non sarebbe difficile creare un’altra maggioranza parlamentare che si può trovare in cinque minuti. Invece che perdere tempo a minacciare consigliamo al governo di cominciare a lavorare: gli italiani si aspettano che il governo lavori e risolva la crisi”.
Fabrizio Cicchitto, nel suo intervento a La telefonata, la rubrica di Maurizio Belpietro in onda su Mattino 5, commenta così le tensioni nel PdL: “Noi abbiamo avuto un’investitura dagli elettori sulla base di un programma preciso che dobbiamo realizzare. Questo implica che ci sia unità della maggioranza e del PdL. Un’unità non da caserma, come dicono tutti coloro che poi ogni giorno manifestano elementi di dissenso. Un’unità nel dibattito. Quindi, la via maestra è quella di rimettere in campo nel PdL tutte le questioni controverse e portarle negli organismi dirigenti del partito. Lì maggioranza e minoranza si confrontano, ma poi la minoranza deve seguire quello che decide la maggioranza. E’ quanto avviene in tutti i partiti normali e credo sia la strada per evitare elezioni anticipate, drammi e traumi e andare avanti”. “Io mi auguro - dice Cicchitto - che Berlusconi e Fini vadano d’amore e d’accordo. Però, in un partito normale, se ci sono elementi di disaccordo il confronto è all’interno di quel partito e dei suoi organi dirigenti. Il mio appello ai coordinatori nazionali è di convocare gli organismi dirigenti del PdL settimanalmente o quindicinalmente. E’ là che tutte le questioni controverse vanno risolte. Quello che non è possibile è che perduri una questa situazione in cui ognuno si sveglia la mattina, straparla e poi dice anche che il partito non deve essere una caserma. Perché così si rischia di essere esattamente l’opposto. L’elettorato che ci ha votato non approva assolutamente questi elementi di conflittualità permanente e anche autentiche lesioni al programma che noi abbiamo fatto votare il 13 Aprile del 2008. Quindi io credo si debbano ripristinare le condizioni di un partito che funziona e che determina i suoi orientamenti. Possibilmente all’unanimità. Se non c’è l’unanimità, a maggioranza. Preferisco questo a ipotesi traumatiche che evidentemente sono l’estrema ratio qualora si determinasse una situazione di ingovernabilità. Ma a mio avviso ancora non siamo a questo punto ed è possibile trovare soluzioni in coerenza con la vita di un partito democratico, che per altro verso deve riconoscere la leadership di Berlusconi. Perché noi abbiamo preso i voti in nome di questa leadership e del messaggio che lui ha mandato agli elettori”.
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Voto agli immigrati: Bossi non ci sta
Non usa mezzi termini Umberto Bossi per stroncare la proposta di legge bipartisan (settori finiani del Pdl, Pd, Idv, Udc) sulla cittadinanza degli immigrati. «Noi restiamo della nostra idea: gli immigrati devono essere mandati a casa loro. Non c'è lavoro nemmeno per noi».
Replica di Gianfranco Fini: «Un anatema o una battuta liquidatoria, non risolve il problema».
Mercoledì mattina, guidati da Walter Veltroni con al fianco i finiani Flavia Perina e Fabio Granata, oltre cento parlamentari dei diversi schieramenti hanno formalizzato il deposito di una proposta di legge comune che prevede il riconoscimento del diritto di voto alle comunali ai cittadini di uno Stato straniero non membro dell'Unione europea e agli apolidi, purché risiedano in Italia da almeno 5 anni con regolare permesso di soggiorno. E riconosce il diritto di elettorato passivo ai cittadini stranieri, che potranno candidarsi a consigliere comunale o di circoscrizione. «Qui stiamo parlando di riforme delle regole della democrazia- ha sottolineato Veltroni - e il Parlamento dovrebbe funzionare così: per una volta hanno firmato la proposta di riforma tutti i partiti meno la Lega». A sostegno dell'iniziativa i due promotori, il Pdl Granata e il Pd Sarubbi, hanno ottenuto da Fini di organizzare a Montecitorio un pomeriggio di dibattito-confronto con studenti e giovani di diverso orientamento politico.
«I cittadini di uno stato straniero che risiedono regolarmente in Italia da più di cinque anni possono partecipare alle elezioni degli organi delle amministrazioni comunali». È il primo articolo del testo che porta come prima firma quella di Veltroni (con lui i democratici Enrico Letta, Jean Leonard Toaudi e Andrea Sarubbi) e a seguire Perina e Granata, i centristi Roberto Rao e Pier Luigi Mantini, i pidiellini Aldo Di Biagio e Santo Versace, il dipietrista Leoluca Orlando. Manca solo la Lega, alla quale, spiegano in conferenza stampa Veltroni e Perina, «è stato chiesto di firmare ma si è rifiutata». La proposta di legge dà la possibilità agli immigrati di essere eletti consiglieri e di fare parte della giunta con l'esclusione delle cariche di vicesindaco e, ovviamente, di sindaco. Ma come si vede rischia di essere un nuovo fronte aperto nella maggioranza dopo il caso Cosentino e il tira-e-molla su possibili elezioni anticipate.
Una proposta, ha spiegato Walter Veltroni, dietro alla quale «non ci sono ragioni politiche, ma solo il rispetto del ruolo del Parlamento», e che «risponde ad una priorità nell'affrontare i temi della immigrazione: quella di garantire inclusione e responsabilizzazione». «È indispensabile - aggiunge - evitare che si crei per gli immigrati che risiedono regolarmente nel nostro Paese una condizione di estraneità che può portare alla separazione e all'antagonismo. Il voto amministrativo agli extracomunitari, ha ricordato Veltroni, «è già nella pratica di molti Paesi europei, per l'esattezza 16 su 27, anche se con modalità diverse tra Paese e Paese. Garantire il diritto al voto amministrativo è un modo per favorire l'inclusione e la responsabilizzazione, al contrario dei respingimenti, che sono un'invenzione retorica basata sulla paura».
Fabio Granata, già oggetto di critiche da parte della Lega e non solo per la proposta firmata "in coppia" con il deputato del Pd Sarubbi sulla cittadinanza «breve», e Flavia Perina, direttore de Il Secolo e tra i primi firmatari della proposta sul voto agli immigrati, hanno respinto gli addebiti per l'iniziativa bipartisan che vede nettamente contrario il Carroccio: «Ci sono grandi partite nazionali dove non è possibile criminalizzare o usare schemi di schieramento - sottolinea Perina -. Sarebbe sbagliato considerare il tema del voto agli immigrati, pur all'interno di regole ben definite, come un tabù per la politica italiana. E non ci sentiamo extraterrestri: nei grandi partiti, come il Pdl, c'è l'avanguardia politica, c'è il corpo del partito, e poi c'è la retroguardia politica. Noi ci sentiamo nella prima di queste categorie».
Un freno arriva però da Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera: «È inaccettabile che su un tema così delicato alcuni colleghi appartenenti al gruppo del Pdl abbiano preso l'iniziativa di presentare un disegno di legge firmato con esponenti di tutti i gruppi dell'opposizione, senza che la presidenza del gruppo sia stata minimamente interpellata e tenendo conto che questa proposta non è contenuta nel programma di governo». «D'altra parte - aggiunge Cicchitto - la materia non rientra in quelle riguardanti la bioetica, come il testamento biologico, sulle quali vige la libertà di coscienza». Tornando poi al programma, il capogruppo ha spiegato che nessuno ha il diritto di annullarlo «nè con iniziative unilaterali nè con azioni cosiddette bipartisan».
Secondo uno dei coordinatori del Pdl, Sandro Bondi, la conferenza stampa congiunta Perina-Veltroni «non deve destare scandalo». Va preso atto, sottolinea l'esponente pidiellino, che «è avvenuta una saldatura, innanzitutto sul piano culturale tra la sinistra e alcuni esponenti della destra italiana provenienti dalla storia del Msi e poi di Alleanza nazionale. È un dato nuovo della situazione politica italiana da valutare con attenzione».
Giudizio nettamente contrario, come detto, da parte della Lega. «La concessione del diritto di voto alle elezioni amministrative agli immigrati è un’idea tipicamente di sinistra - commenta il presidente dei deputati Roberto Cota -. Noi, ovviamente, siamo fermamente contrari perché siamo coerenti rispetto agli impegni presi con chi ci ha votato. Il diritto di voto è una cosa seria, sacra, che spetta solo ai cittadini. La precisazione di Cicchitto sulla posizione del Pdl è molto opportuna, altrimenti la gente non capisce più nulla».

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