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IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

domenica 13 dicembre 2009

Piazza Fontana: Dopo 40 anni restano i misteri

12 Dicembre 1969: A Milano una bomba esplode nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura, e provoca la morte di 17 persone mentre 84 rimasero ferite
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Fischi e contestazioni a Milano. Dopo aver deposto le corone davanti alla Banca Nazionale dell'Agricoltura, il Sindaco di Milano Letizia Moratti, il Presidente della Provincia Guido Podestà e il Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni sono stati sonoramente fischiati non appena sono saliti sul palco, al termine del corteo promosso dalle istituzioni per il quarantennale della strage di Piazza Fontana a Milano. Da più parti si sono levate grida come «Vergogna», «Strage di Stato», «Fascisti!». Uno dei familiari delle vittime, Paolo Silva, ha cercato inutilmente di zittire la folla: «Un po' di rispetto, per favore, state zitti».
Letizia Moratti, ha subito detto dal palco: «Capisco chi protesta, capisco i fischi, perchè chiedono giustizia, una giustizia che è stata negata per 40 anni». «Lo dico con umiltà non ci possono essere parole di consolazione per le famiglie, ma credo che la giustizia possa nascere solo da una coscienza collettiva». Il Sindaco ha ricordato che il Comune realizzerà una casa della memoria, dove troveranno posto tutte le associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo e dello stragismo e che sarà un centro di documentazione sugli anni più bui della storia della Repubblica. «Il Comune è qui - ha aggiunto - per esprimere il netto rifiuto della violenza, per testimoniare il suo impegno nella ricerca della veritá giudiziaria, perchè mai più si ripetano gli errori del passato, perchè mai più Milano debba essere spettatrice di tanto dolore, bensì, al contrario, protagonista di un futuro di pace».
Il discorso della Moratti è arrivato dopo che si era svolto il corteo cittadino, quello ufficiale. Un secondo corteo, organizzato dalle sinistre, si era svolto separatamente. Dopo il concentramento in piazza della Scala, la manifestazione era partita alla volta della piazza dove, quarant'anni fa esplose una bomba collocata nella Banca Nazionale dell'Agricoltura provocando 17 morti e 84 feriti. Alla testa del corteo, molto partecipato, c'erano i familiari delle vittime, che esponevano uno striscione «Famiglie vittime strage di piazza Fontana». Dietro c'erano numerosissimi i gonfaloni che rappresentavano le città che partecipavano alla commemorazione. In fondo al corteo sventolavano invece numerose bandiere di partito, quelle del Pd, del Partito socialista e molte bandiere rosse.
Il vicepresidente della associazione dei familiari delle vittime di Piazza Fontana, Carlo Arnoldi, ha ricordato anche quella di Giuseppe Pinelli, l'anarchico morto in questura dopo due giorni di interrogatorio. In tutta la cerimonia di commemorazione, scandita dai fischi e dalle proteste dei partecipanti al corteo istituzionale, il ricordo dell'anarchico è stato uno dei rari momenti in cui le contestazioni hanno lasciato il posto agli applausi. «Il 9 maggio scorso - ha detto Arnoldi - il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha fatto un gesto importante, a differenza di quelli che lo avevano preceduto: ha dato dignità a Pinelli, innocente, come 18ma vittima di Piazza Fontana, restituendo l'onore che gli era stato negato. È stato un gesto, questo, che ci ha fatto onore».
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, presente alla commemorazione, si è così rivolto a tutti i partecipanti: "Vi giungano i sentimenti della mia solidarietà, della mia vicinanza istituzionale e umana, del mio apprezzamento e del mio incitamento in nome dell’Italia unita attorno alla Costituzione repubblicana". "Continuate pure a cercare perchè si possa recuperare qualsiasi frammento di verità rimasto nascosto. Spero che questa vostra ricerca, a cui debbono collaborare tutte le istituzioni, possa condurre a dei risultati. È essenziale che quello che avete vissuto, quello che è accaduto nel nostro paese, diventi parte di una consapevolezza storica, soprattutto per le nuove generazioni. Sono passati quarant’anni, e ci sono persone adulte, non solo dei giovani o dei giovanissimi, che non hanno vissuto e fanno fatica anche soltanto a rivivere nella memoria o nella storia quelle vicende. Questo è uno dei compiti che voi avete assunto, ed è giusto che lo portiate avanti".
Alla fine del corteo ci sono stati però anche momenti di tensione, tra alcuni manifestanti dell'area antagonista, appartenenti al secondo corteo, quello delle sinistre e la polizia, schierata dietro alla transenne, con lancio di sassi e petardi al margine di Piazza Fontana. La polizia e i carabinieri in tenuta antisommossa hanno cercato di contenere il tentativo di sfondamento di oltre un centinaio di giovani dell'area antagonista. La polizia ha reagito a colpi di manganello. Ma il confronto non è duranto molto: i manifestanti del corteo della sinistra sono entrati in piazza Fontana come chiedevano e alla fine è tornata la calma. Sul palco della storica piazza, sono arrivati quindi anche i manifestanti che hanno superato il cordone delle forze dell'ordine, sventolando bandiere rosse e cantando «Bella Ciao».
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12 dicembre 1969
Un ordigno contenente sette chili di tritolo esplode alle 16,37, nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana, a Milano. Il bilancio delle vittime è di 16 morti e 87 feriti. Nei giorni successivi alla strage, solo a Milano, sono 84 le persone fermate tra anarchici, militanti di estrema sinistra e due appartenenti a formazioni di destra. Il primo ad essere convocato è il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, chiamato in Questura lo stesso giorno dell’esplosione. Dopo tre giorni di interrogatorio non viene contestata, a Pinelli, nessuna imputazione eppure non viene comunque rilasciato. Ad interrogarlo è il Commissario Calabresi il quale guida l’inchiesta sulla strage.
15 dicembre 1969
Tre giorni dopo l’arresto, Pinelli muore precipitando dalla finestra della Questura. La versione ufficiale parla di suicidio, ma i quattro poliziotti e il capitano dei carabinieri Lo Grano, presenti nella stanza dell’interrogatorio al momento della morte del ferroviere, saranno oggetto di un’inchiesta per omicidio colposo. Verrà poi aperto nei loro confronti un procedimento penale per omicidio volontario. Nei confronti del Commissario Luigi Calabresi, che non si trovava nella stanza, si procederà per omicidio colposo. Tutti gli imputati verranno poi prosciolti nel 1975, perché "il fatto non sussiste". Intanto gli inquirenti continuano a seguire la pista anarchica.
16 dicembre 1969
Viene arrestato Pietro Valpreda appartenente al gruppo 22 Marzo, il quale viene accusato di essere l’esecutore materiale della strage. La conferma di tali accuse è data da un tassista, Cornelio Rolandi , che racconta di aver portato Valpreda il 12 dicembre sul luogo della strage e da Mario Merlino anch’egli militante nel gruppo 22 marzo, che però si scoprirà poi essere un infiltrato dai servizi segreti. Mentre si prosegue ad indagare negli ambienti anarchici, si scopre che le borse utilizzate per contenere l’esplosivo sono stata acquistate a Padova e che il timer dell’ordigno proviene da Treviso. Da questi indizi si arriverà dopo più di un anno ad indagare anche negli ambienti di eversione nera. I primi estremisti di destra ad essere individuati come coinvolti nell’attentato sono Franco Freda e Giovanni Ventura. Freda nasce ad Avellino e vive a Padova dove milita nella gioventù missina alle superiori e nel Fuan all’università. Abbandonerà poi l’Msi per aderire all’organizzazione di estrema destra Ordine Nuovo. Grande ammiratore di Hitler ed Himmler è convinto sostenitore della supremazia della razza ariana. Ventura nasce a Treviso, milita nell’Azione cattolica e poi nell’Msi. È amico di Freda e come lui ha una formazione ideologica di stampo neonazista. Adesso la pista che si segue è quella nera, e l’indagine coinvolge nuovi personaggi come Guido Giannettini appartenente al Sid esperto e studioso di tecniche militari. Il suo nome viene coinvolto nelle indagini dopo le dichiarazioni di Lorenzon, un professore di Treviso amico di Giovanni Ventura, il quale riferisce al Giudice Calogero alcune confidenze fattegli da Ventura circa gli attentati dinamitardi avvenuti i quel periodo. Lorenzon prende questa iniziativa il 15 dicembre ‘69, giorno in cui si reca dall’Avvocato Steccarella, a Vittorio Veneto, dove stende un memoriale che poi verrà consegnato alla Magistratura. Valpreda si trova ancora in carcere quando nel 1971, si scopre per caso un arsenale di munizioni NATO presso l’abitazione di un esponente veneto di Ordine Nuovo. Tra le armi ritrovate sono presenti delle casse dello stesso tipo di quelle utilizzate per contenere gli ordigni deposti in Piazza Fontana. Quell’arsenale era stato nascosto da Giovanni Ventura dopo gli attentati del 12 dicembre ’69. I magistrati scoprono inoltre che il gruppo si riuniva presso una sala dell’Università di Padova messa a disposizione dal custode Marco Pozzan, anch’egli esponente di Ordine Nuovo e fidato collaboratore di Franco Freda.
23 febbraio 1972
Inizia a Roma il primo processo per la strage, che vede come principali imputati Valpreda e Merlino. Il processo verrà poi trasferito a Milano per incompetenza territoriale ed infine a Catanzaro per motivi di ordine pubblico.
3 marzo 1972
Freda e Ventura vengono arrestati su mandato del Procuratore della Repubblica di Treviso, con l’accusa di essere implicati nella strage di piazza Fontana. L’inchiesta è in mano ai magistrati milanesi D’ambrosio e Alessandrini. Dalle indagini sembra emergere un collegamento fra Servizi segreti e movimenti di estrema destra. È infatti alla fine del 1972 che uomini del Sid intercettano Pozzan, latitante dal giugno dello stesso anno, quando fu emesso nei suoi confronti un mandato di cattura per concorso nell’attentato di piazza Fontana, e dopo averlo sottoposto ad un interrogatorio e forse avergli fornito un passaporto falso, hanno favorito il suo espatrio in Spagna. Il Sid interviene anche per Ventura all’inizio del 1972, quando questi, detenuto nel carcere di Monza, sembra voler cedere e rivelare alcune informazioni sulla strategia della tensione. Nel frattempo da qualcuno gli viene fatta avere una chiave per aprire la cella e delle bombolette di gas narcotizzante per neutralizzare le guardie di custodia permettendogli la fuga. Siamo adesso alla volta di Giannettini, il quale, legato al Sid da un rapporto di collaborazione, dopo essere stato sospettato di coinvolgimento nella strage, viene indotto ad espatriare in Francia dove, si dice, continuerà ad essere stipendiato dal Servizio.
17 maggio 1972
Il Commissario Luigi Calabresi, nato a Roma il 14 novembre 1937, cade vittima a Milano del terrorismo rosso. Era vice-responsabile della squadra politica della Questura di Milano. Funzionario integerrimo è stato insignito con la Medaglia d'Oro al Merito Civile alla memoria. Solo dopo molti anni si giunse ad individuare, nelle condanne definitive, gli esecutori e i mandanti dell'omicidio: Ovidio Bompressi, Leonardo Marino, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, esponenti di Lotta Continua.
20 ottobre 1972
Tre avvisi a procedere, per omissione di atti d’ufficio nelle indagini sulla strage di piazza Fontana, sono inviati a Elvio Catenacci, dirigente degli affari riservati del Ministero degli Interni, al Questore di Roma Bonaventura Provenza ed al Capo dell’Ufficio Politico della Questura di Milano Antonino Allegra.
29 dicembre 1972
Torna libero Pietro Valpreda. Viene infatti approvata una legge che prevede la possibilità di accordare la libertà provvisoria anche per i reati in cui è obbligatorio il mandato di cattura.
18 marzo del 1974
Il processo riprende a Catanzaro ma dopo trenta giorni ci sarà una nuova interruzione per il coinvolgimento di due nuovi imputati: Freda e Ventura.
27 gennaio 1975
Al terzo processo sono imputati sia gli anarchici che gli estremisti di destra. Anche questo procedimento viene interrotto, dopo un anno, per l’incriminazione di Giannettini.
18 gennaio 1977
Gli imputati sono: anarchici, servizi segreti, ed estremisti di destra. La sentenza: ergastolo per Freda, Ventura e Giannettini, assolti Valpreda e Merlino. Gli imputati condannati con la prima sentenza verranno poi assolti tutti in appello, ma la Cassazione annullerà la sentenza proscioglierà Giannettini e ordinerà un nuovo processo.
13 dicembre 1984
Inizia il quinto processo che vede come imputati Valpreda, Merlino, Freda e Ventura. Tutti assolti. La sentenza è confermata dalla Cassazione.
26 ottobre 1987
Al sesto processo gli imputati sono i neonazisti Fachini e Delle Chiaie.
20 febbraio 1989
Gli imputati vengono assolti per non aver commesso il fatto.
1990
Le indagini riaperte dal Pubblico Ministero Salvini subiscono una svolta decisiva. Delfo Zorzi, Capo operativo della cellula veneta di Ordine Nuovo, per sua stessa ammissione, è l'esecutore materiale della strage. Zorzi dopo l’attentato riparò in Giappone dove tuttora vive.
5 luglio 1991
La sentenza di assoluzione per Fachini e Delle Chiaie viene confermata dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro.
11 aprile 1995
A conclusione di quattro anni di indagini svolte sull'attività di gruppi eversivi dell'estrema destra a Milano, un'inchiesta parallela a quella sulla strage di Piazza Fontana, il Giudice istruttore Guido Salvini rinvia a giudizio Giancarlo Rognoni, Nico Azzi, Paolo Signorelli, Sergio Calore, Carlo Digilio e Ettore Malcangi e trasmette a Roma gli atti riguardanti Licio Gelli per il reato di cospirazione politica per il quale, comunque, non si potrà procedere perchè il Gran Maestro della Loggia P2 non ha avuto l'estradizione dalla Svizzera per questo reato.
17 maggio 1995
Arrestato l' ex agente della Cia Sergio Minetto.
10 novembre 1995
Il Tg di Videomusic dice che il Giudice Salvini si è formato l'opinione che l'autore della strage sarebbe Delfo Zorzi. Il Giudice protesta per la fuga di notizie.
23 luglio 1996
Arrestati Roberto Raho, Pietro Andreatta, Piercarlo Montagner e Stefano Tringali, accusati di favoreggiamento personale aggravato.
14 giugno 1997
Il Gip Clementina Forleo emette due ordini di custodia, uno per Carlo Maria Maggi, l'altro, non eseguito, nei confronti di Delfo Zorzi, da vari anni imprenditore in Giappone.
21 maggio 1998
La Procura di Milano chiude l'inchiesta sulla strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969 alla Banca dell'Agricoltura) e deposita la richiesta di rinvio a giudizio per otto persone, tra cui: Carlo Maggi, medico veneziano a capo di Ordine Nuovo nel Triveneto nel 1969; Delfo Zorgi di Mestre; Giancarlo Rognoni, milanese, allora a capo della "Fenice"; Carlo Digilio, esperto di armi e esplosivi in contatto anche con i servizi segreti, che è l'unico 'pentito' dell'inchiesta; e i due ex appartenenti ad Ordine Nuovo Andreatta e Motagner, accusati di favoreggiamento. I magistrati della procura milanese hanno tenuto aperto uno stralcio riguardante Dario Zagolin, che secondo alcune testimonianze sarebbe stato in contatto con Licio Gelli, presunto stratega dei progetti golpisti che avrebbero fatto da sfondo alle stragi di quegli anni, e un altro riguardante la 'squadra 54', un nucleo speciale di quattro poliziotti dell' Ufficio Affari riservati del Viminale, spediti a Milano nei giorni dell'attentato di Piazza Fontana.
13 aprile 1999
Con una serie di eccezioni preliminari comincia l'udienza preliminare del processo d'appello.
8 giugno 1999
Il Gip Clementina Forleo rinvia a giudizio l'imprenditore Delfo Zorzi, latitante in Giappone, il medico Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, presunti responsabili, a vario titolo, di aver organizzato ed eseguito la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 e Stefano Tringali con l'accusa di favoreggiamento nei confronti di Zorzi.
16 febbraio 2000
Comincia nella seconda sezione della Corte di Assise di Milano il nuovo processo, ma la prima udienza dura solo 20 minuti per lo sciopero degli Avvocati.
1 luglio 2001
La Corte di Assise di Milano condanna all'ergastolo Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. Prescrizione per Carlo Digilio, esperto d'armi e collaboratore della Cia: ha collaborato e la corte gli ha riconosciuto le attenuanti generiche.
19 gennaio 2002
Depositate le motivazioni. I pentiti Digilio e Siciliano sono credibili.
6 luglio 2002
Muore Pietro Valpreda, 69 anni, il ballerino anarchico che fu il primo accusato per la strage.
16 ottobre 2003
A Milano comincia il processo presso la Corte d'Assise d'Appello.
22 gennaio 2004
Al termine della requisitoria, il sostituto procuratore generale Laura Bertolè Viale chiede la conferma della sentenza di primo grado e invita la Corte a trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica per accertare eventuali reati di falsa testimonianza in alcune deposizioni di testi a difesa.
12 marzo 2004
La Corte d'Assise d'Appello di Milano assolve Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, i tre imputati principali della strage, per non aver commesso il fatto. Riducono invece da tre a un anno di reclusione la pena per Stefano Tringali, accusato di favoreggiamento.
21 aprile 2005
Approda di nuovo in Cassazione la vicenda giudiziaria. La Suprema Corte deve esaminare il ricorso presentato dalla Procura generale milanese contro l'assoluzione disposta dalla Corte d'Assise d'Appello.
3 maggio 2005
La Cassazione chiude definitivamente la vicenda giudiziaria confermando le assoluzioni di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni.

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