Michele Moceri è nato a Campobello di Mazara (TP), il 19 Ottobre 1948, e dal 2001 risiede a Monsummano Terme (PT).
È coniugato con Silvana Barbera e dal loro matrimonio sono nati Enza Maria, Vincenzo Jesus e Francesco Josè.
Laureato in Giurisprudenza presso l'Università di Palermo ed in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università di Siena, esercita la professione di Avvocato Penalista iscritto all'Albo del Foro di Pistoia.
Il 27 Dicembre 2001, è stato insignito, dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, con l'Onorificienza di Grande Ufficiale.
In Sicilia è stato Consigliere Comunale ed Assessore della Giunta Municipale Tumminello. Successivamente è stato eletto come Consigliere del Comitato di Gestione dell'USL n. 5.
In Venezuela, dove è vissuto per alcuni anni, ha rappresentato ininterrottamente la Comunità Italiana nella qualità di Presidente del COMITES di Caracas e del COMITES di Puerto Ordaz. Ricoprendo tali cariche, ha anche rappresentato, per 6 anni, fino al rientro definitivo in Italia, la stessa Comunità, come Consigliere, con l'incarico di Vice-Presidente della Vª Commissione Tematica, del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero, istituito alla Farnesiana presso il Ministero degli Affari Esteri a Roma.
È stato Presidente del Rotary International, Distretto 4370 Club di San Felix, nonché, assieme a Silvana, ideatore e fondatore del settimanale "FuoriPaese" e dell' A. C. Luigi Pirandello, associazione che ha promosso e tuttora promuove la lingua e la cultura italiana nel mondo.
Iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Firenze, collabora con giornali, riviste ed agenzie di informazioni.
Il 21 Febbraio 2010 è stato nominato Coordinatore Comunale del PdL e dal 2013 di Forza Italia, per la Città di Monsummano Terme, carica che ha ricoperto fino al momento in cui non ha rinnovato la tessera del Partito del 2019.
Nella legislatura municipale 2009-2014 di Monsummano Terme (Pistoia), è stato eletto Consigliere Comunale del Popolo delle Libertà (PdL), e si è disimpegnato nella carica di Vice-Presidente della 1ª Commissione Consiliare Permanente "Programmazione e Sviluppo del Territorio - Infrastrutture - Viabilità - Politiche per l'Ambiente" (Urbanistica e Lavori Pubblici).
Nella legislatura municipale 2014-2019, sempre a Monsummano Terme (Pistoia), è stato candidato Sindaco, e come tale, rieletto Consigliere Comunale di Forza Italia nonché Capogruppo della formazione politica cittadina Forza Italia - Centrodestra per Monsummano, e si è disimpegnato nella carica di Presidente f.f. della 2ª Commissione Consiliare Permanente "Bilancio e Programmazione Economica".
Nella legislatura municipale 2019-2024, sempre a Monsummano Terme (Pistoia), è stato candidato Sindaco per la coalizione di Centrodestra (Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia), e come tale, rieletto Consigliere Comunale nonché capogruppo della coalizione cittadina Centrodestra per Monsummano. Si disimpegna come Vice-Presidente del Consiglio Comunale e come rappresentante delle opposizioni nella Commissione Elettorale. E' anche il Presidente della 2ª Commissione Consiliare Permanente "Bilancio, Tributi, Patrimonio, Partecipate, Affari Generali ed Istituzionali, Statuto, Personale, Comunicazione".
Onorificenza Grande Ufficiale
L'On.le Mirko Tremaglia, Ministro per gli Italiani nel Mondo del secondo Governo Berlusconi, su delega del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, il 20 Luglio 2002, consegna a Michele Moceri, alla presenza dell'Ambasciatore Carlo Marsili, durante l'apposita cerimonia ufficiale, tenutasi al Circolo del Ministero degli Affari Esteri sul Lungo Tevere a Roma, l'Onorificenza di Grande Ufficiale.
POPOLAZIONE
Popolazione legale al censimento 2001: n. 19.906
Popolazione al 31.12.2010: n. 21.374
Saldo naturale 2010: (-04) nati: 191-morti:195
Saldo migratorio 2010: (+241) immigrati: 748-emigrati: 507
TERRITORIO
Superficie in kmq. 32,77
Altitudine: massima m. 340,7 slm - minima m. 13 slm
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Luogo viario strategico, in posizione dominante sul Padule di Fucecchio e sulla Valdinievole, il colle di Monsummano Alto fu fortificato almeno dall'XI secolo con un sistema difensivo accresciuto ed ampliato nel corso del tempo fino a comprendere nel basso medioevo tutta la sommità del colle.
I DUE COLLI
Del castello di Montesommano si hanno notizie documentarie a partire dal 1005, quando dipendeva dalla abbazia di Sant'Antimo in Val d'Orcia e fu in parte ceduto a Ildebrando degli Aldobrandeschi. Dopo vari passaggi di proprietà, nel 1218 il castello fu venduto al Comune di Lucca, benché già da alcuni anni gli abitanti del castello si fossero costituiti in comune rurale con proprie magistrature. Il colle di Monsummano fronteggia quello di Montevettolini, borgo di origine medioevale, anch'esso sottomesso alla Signoria fiorentina. Fondato intorno al XII secolo e sottoposto alla città di Pistoia nel 1227, il castello di Montevettolini si costituì in libero comune nel corso del Duecento, divenendo rifugio per i fuoriusciti fiorentini e lucchesi durante le acerrime lotte tra guelfi e ghibellini, finché si arrese ad Uguccione della Faggiola dopo la sconfitta dei guelfi a Montecatini nel 1315. Sotto il dominio di Lucca fino alla morte di Castruccio Castracani, Montevettolini e Monsummano aderirono nel 1328 alla Lega della Valdinievole contro Firenze, città alla quale dovettero tuttavia sottomettersi dopo aver subìto l'assedio di Gherardino Spinola, nuovo signore di Lucca. L'ingresso nell'orbita fiorentina consentì al castello di Montevettolini una vita fervida e ricca, animata tra l'altro dall'attività delle dodici confraternite del paese, e divenuta ancora più prospera quando i primi granduchi medicei lo elessero a luogo di sosta per la caccia, e ciò lo favorì rispetto al Castello di Monsummano, già in forte declino fin dalla fine del Trecento. L'appartenenza al distretto fiorentino soffocò invece lo sviluppo della comunità di Monsummano, che già dalla fine del XIV secolo, configuratasi come borgo rurale, si avviò verso una progressiva decadenza, determinata anche dal rimpaludamento dei terreni circostanti il colle e dalla conseguente interruzione dei percorsi viari.
LA CITTA'
Anche la fondazione di Monsummano, ai piedi del colle omonimo, è legata al nome del granduca Ferdinando e del suo architetto di fiducia. Infatti, a seguito dei prodigiosi eventi accaduti negli ultimi decenni del Cinquecento, tra i quali lo scaturire improvviso di una fonte sul luogo della miracolosa immagine della Vergine venerata in un tabernacolo, nel 1602 il Granduca incaricò il Mechini della costruzione di un grande Santuario in onore della Madonna detta appunto della Fontenuova.Nel 1775 Pietro Leopoldo istituì la Comunità delle Due Terre, unificando amministrativamente i territori di Montevettolini, dell'ormai decadente castello di Monsummano e del capoluogo, Monsummano Terme, in continua espansione.Il XIX secolo costituisce un altro momento importante della storia di Monsummano per la presenza di due personalità del mondo politico e letterario: il poeta Giuseppe GIUSTI (1809-1850), la cui casa natale, con arredi e decorazioni di gusto neoclassico è stata recentemente restaurata e trasformata in Museo, e Ferdinando MARTINI (1841-1928), letterato e uomo politico, la cui villa, nota come Villa di Renatico, è attualmente sede di mostre e convegni.Alla metà dell'Ottocento risale inoltre la scoperta delle Grotte Termali dalle particolari proprietà terapeutiche: grotte calde naturali, oggi affiancate da moderni stabilimenti termali.
Campobello di Mazara (Trapani)
Campobello di Mazara, antico agglomerato del XV secolo si estende per una superfice territoriale di Kmq 65,76 con una densità di popolazione di 200 abitanti per kmq. Sorge a circa 100 metri sul livello del mare su una zona pianeggiante che va dolcemente degradandosi fino al mare. Sulla stessa insistono lussureggianti piantagioni di varietà di oliveti tra le quali la più rinomata è la "Nocellara del Belice", ottima oliva da mensa e da olio, molto conosciuta ed apprezzata in Italia ed all'Estero. Inoltre pregiate colture di vigneti, agrumeti (limoni, mandarancia, navel, wascinton), frutteti e specialistiche serre con ogni tipo di prodotti ortofrutticoli ricchi di eccellenti elementi organolettici dai caratteristici sapori mediterranei. Il "pane nero", prodotto integrale con farina di frumento di grano duro - la così detta (tumminia) - con esclusione della crusca più grossolana, il "formaggio pecorino" e la "ricotta" componente peculiare dell'artigianato dolciario locale sono altre tipiche produzioni di questo territorio che per bontà, genuinità, sapore e freschezza non temono confronti. Geologicamente il territorio di Campobello di Mazara presenta tufi dell'età quaternaria , utilizzati nell'edilizia previa tagliatura e squadratura. Il clima: è tipicamente mediterraneo, con inverni miti ed estati afose e calde. Il vento principale è lo scirocco, proveniente da sud-est (Africa ). Altri venti sono la tramontana, il maestrale e il libeccio. La flora: il nome stesso di alcune località in cui ricorre spesso la parola bosco ( bosco tre fontane, bosco angilluffo, bosco guardiola, bosco nuovo, bosco vecchio ) sta ad indicare che la zona sud del paese era un tempo ricca di alberi, che con il tempo hanno lasciato il passo alle nuove colture della vite, degli ulivi e degli agrumi. La fauna: la riduzione dei boschi e delle macchie a favore di sempre maggiori aree asservite all'agricoltura, stanno causando la progressiva scomparsa degli animali selvatici. La volpe, il coniglio selvatico,la lepre stanno scomparendo dal nostro territorio, ove un tempo fino ai primi anni del secolo si trovava anche il lupo ( da cui il nome della località macchia di lupo ). Durante il mese di aprile si possono osservare alcune specie di uccelli migratori quali le gru ( roi), le folaghe (fiddecculi), le tortore, le quaglie, le anatre (papere), i tordi (malvizi), i beccafichi , le allodole ( calannare). La pesca: viene praticata nelle acque antistanti la località di Torretta Granitola. Tra i pesci che si pescano troviamo sarde, sgombri, ope, triglie, gattucci,sauri, lappani, scorfani, ecc. D'estate si fa la pesca con la lampara per la cattura delle seppie (sircie) e dei polipi. Un tempo veniva praticata anche la pesca del tonno, che è stata abbandonata. LE ORIGINI Campobello di Mazara come espansione urbanistica ebbe inizio nel 1618 quando Giuseppe di Napoli di antichissima e nobilissima famiglia napoletana discendente dai Caraccioli, che, sin dal 1475 possedevano il feudo di Campobello, acquistò il feudo Guardiola della baronia di Birribaida e costruì in vicinanza del suo castello i primi insediamenti abitativi a carattere sociale costituiti da due lunghe file di case coloniche che corrispondono alle attuali vie Garibaldi, Badiella e viale Risorgimento, sormontate dal proprio stemma dipinto di colori su larghi mattoni stagnati numerati progressivamente. Ufficialmente il paese sorge con la "Licenzia Populandi novam civitatem" concessa da Filippo IV di Spagna al barone di Napoli il 10 dicembre 1621 ( prot. Reg. 526, F. 155). La zona, prima di quella data, era stata certamente abitata. Già attiguo al Castello Feudale, , afferma il Pirri, esisteva un Convento di Padri Predicatori (Domenicani) che recitavano l'ufficio divino in una chiesa dedicata alla Madonna della Grazie, e in essa assicuravano il servizio religioso agli abitanti del luogo. La chiesa di Maria SS. delle Grazie, già esistente nel 1587, era stata punto di riferimento per il piccolo nucleo urbano presente nella baronia di Birribayda. Attorno proprio a questa chiesa si sviluppa nel secolo XVII il nuovo Comune di cui si ha notizia per la prima volta nella "visita ad limina" del Vescovo Sanchez de Villanueva effettuata a Roma il 25 maggio 1631 dove il Prelato nella relazione definisce Campobello "oppidulum", mentre il Cardinale Spinola sei anni dopo, nel 1637, rileva la presenza in esso di quaranta focolari, quattrocento anime e un cappellano per l'amministrazione dei sacramenti. La chiesa, nella sua struttura anche se piccola, si presentava dignitosa ed accogliente. Costruita ad una navata, annoverava nel suo interno quattro cappelle, oltre l'altare maggiore dedicato alla Santa Madre di Dio. La prima cappella, dedicata al SS. Crocifisso , opera scultorea di frate Umile da Petralia, dono alla città del duca don Giuseppe Napoli e Barresi. Il popolo andava fiero di quel dono, che aveva accolto con grandi ovazioni. Il Crocifisso era arrivato nel paese un mercoledì di maggio e trasportato con una solenne processione nella Chiesa Madre la Domenica successiva, il 23 maggio 1666, presenti il clero di Campobello e della vicina Castelvetrano e una folla immensa di fedeli, che salmodiavano ringraziando Dio ed inneggiando al duca per l'inestimabile dono. Era curato in quesgli anni don Antonio Antonuzzo da Castelvetrano. La seconda cappella, dedicata a Nostra Signora del santo Rosario, costituiva il punto focale del culto mariano. Nella parte opposta alle due cappelle erano situati due altari dedicati rispettivamente alle anime sante del purgatorio e a San Francesco Saverio. DA CHIESA CURATA AD ARCIPRETURA - La Curia Vescovile , prendendo atto dello sviluppo che aveva assunto la comunità, accolse benevolmente la richiesta del Duca e del popolo di trasformare in beneficio parrocchiale la chiesa curata di Maria SS. delle Grazie. La bolla di erezione fu redatta il 30 maggio 1695 dal Vicario capitolare Don Ascenzio Graffeo, che resse la Diocesi in sede vacante, e perfezionata dal nuovo Vescovo Bartolomeo Castelli.La dote beneficiaria della parrocchia era di quaranta onze di cui trenta erano a carico del Comune mentre le altre dieci gravavano su alcune abitazioni concesse a censo. Il Duca acquisisce il diritto di patronato sulla parrocchia ed il privilegio di presentare a Vescovo il nominativo dell'arciprete pro-tempore. Nel 1715 tale chiesa venne ricostruita sulle basi dell'antica chiesa e divenne più ampia della precedente. Strutturalmente rimase ad una sola navata ma più allungata ed insistente a settentrione con al casa di civile abitazione del defunto sacerdote don Antonio Gavio Junior, su terreno concesso a censo da don Giacomo Scuderi; la parte anteriore rimase prospiciente il piano grande (oggi Villa Comunale).Sullo stesso piano, di fronte alla chiesa, si ergeva il palazzo ducale, ancora oggi ben visibile nel suo prospetto esteriore. La struttura interna della nuova chiesa, benedetta e dedicata a Santa Maria ad Nives (Santa Maria del Presepe), presentava cinque cappelle: sull'altare maggiore sovrastava l'antico Crocifisso di frate Umile le altre quattro cappelle simmetricamente disposte erano dedicate alla Sacra famiglia (Gesù, Giuseppe e Maria), a Santa Maria del lume a Sant'Anna e alla Madonna del rosario. Nella chiesa erano ,inoltre, disposte le statue di S. Vito, di S. Francesco di Sales ed alcune pitture in tela. Dal centro della navata si accedeva alla cripta inferiore dove erano situate tre zone di sepoltura, due delle quali destinate ai fedeli defunti e una terza riservata al clero ed ai soci della confraternita del SS: Crocifisso.La chiesa, nell'insieme anche se non particolarmente rifinita , era accogliente; l'accesso dalla piazza, oggi villa comunale, era favorito da quattro gradini in pietra che immettevano nella porta maggiore del tempio: Quattro lampade ad olio, alimentate rispettivamente dal contributo dell'arciprete, dei confrati e del popolo, ardevano giorno e notte davanti al SS. Sacramento.Particolare menzione meritano le Confraternite, che operando in sintonia con il parroco, assicuravano l'assistenza ai confrati infermi, i suffragi ed i funerali ai defunti, il soccorso ai poveri e soprattutto la cura dell'infanzia abbandonata triste piaga dell'era feudale. Tra il 1839 ed il 1848 la chiesa madre viene nuovamente ristrutturata ed ampliata sulla base di uno stile neoclassico a tre navate con transetto e decorazioni anch'essi a stile neoclassico. Il nuovo splendore della chiesa offriva al visitatore la presenza di nove altari di cui l'altare maggiore dedicato a San Vito Martire, Patrono della Città.Trovasi oggi molto attivo l'operato sociale e pastorale del consiglio dei laici della parrocchia mirabilmente guidato dal prof. Sac. don Pietro Pisciotta. E' in itinere la pratica progettuale e finanziaria per una nuova ristrutturazione interna ed esterna del sacro sito.La crisi agraria del decennio 1882-1892 interessò pesantemente la società contadina determinando il crollo dei prezzi del grano e del vino e innescando, come afferma lo storico Giarrizzo, un meccanismo tipico della crisi del capitalismo: caduta dei salari, aumento della disoccupazione, espulsione della manodopera più debole e aumento delle imposte e dei debiti. La crisi veniva,di fatto, a colpire le classi meno abbienti e fu proprio da queste classi che si levò il grido di dolore dando origine a quel fenomeno storico che prese il nome di "rivolta dei fasci siciliani". I protagonisti non si rifacevano alla dottrina socialista o a movimenti di pensiero d'estrazione marxista, ma la loro azione nasceva da realtà oggettive: la fame, la miseria imperante e la necessità di riappropriarsi delle terre demaniali e di quelle usurpate alla Chiesa con leggi eversive, unico modo per ristabilire la dignità del lavoratore calpestata dai nuovi grandi latifondisti. I capisaldi di tale rivendicazione erano costituiti da alcuni punti fondamentali: difendere i soci dalle vessazioni dei proprietari e degli affittuari; generalizzare un sistema unico dei salari e respingere i salari in natura; difendere o meglio difendersi dalla rapina dei borghesi; ripristinare la concessione diretta a mezzadria dei terreni coltivabili; la revisione dei ruoli fiscali che erano compilati in modo tale da favorire sempre gli interessi dei proprietari. Il fascio a Campobello sorse ufficialmente nel novembre 1893, forte con più di duecento iscritti, sotto la presidenza di Vito Denaro. Il gruppo, stanco e sfiduciato, era deciso a tutto osare per la rivendicazione dei diritti fondamentali della persona umana e, in questo, aveva trovato un dialogo aperto con il clero , pronto a condividere le ansie e le attese dei lavoratori. La Giunta Comunale, temendo violenze, devastazioni e spargimento di sangue, sul finire del 1893 aveva abolito provvisoriamente il dazio sulla farina, pane e pasta; aveva sospeso le imposte indirette che gravavano soprattutto sul proletariato e i meno abbienti. Subito dopo lo scoppio della rivolta in Castelvetrano e Partanna il 31 dicembre 1893 una marea di popolo, di cui una parte armata, aprirono la rivolta a Campobello saccheggiando ed incendiando l'ufficio esattoriale; tagliarono i fili del telegrafo e devastarono il palazzo comunale. La rivolta, che si protrasse per parecchi giorni, fu sedata grazie all'azione energica e persuasiva dell'arciprete don Andrea Fasulo , che riuscì a calmare gli animi inducendo i rivoltosi a desistere riportando tutti verso la legalità. Caratteristica specifica del Comune di Campobello di Mazara è la casa-cortile, antico retaggio della cultura araba che tanto ha influito nello sviluppo socio- economico del paese. Sopratutto le abitazioni meno recenti hanno un vasto patio interno, ove si svolge la vita quotidiana lontano da occhi indiscreti. La casa cortile, che trae lo spunto dal quotidiano vissuto dai Campobellesi fin dalle prime costituzioni delle case coloniche intorno al 1600, oggi rimane come un segno tangibile di un necessario bisogno di continuare a fruire di tutti quei vantaggi che la stessa, in tutto simile ad una piccola fattoria, seguita ad offrire ad una popolazione tradizionalmente legata allo sviluppo di una intensa attività agricola principale traino dell'economia paesana. La Casa-cortile di oggi, come quella di ieri, sembra apparire come un giardino irrigato dove la forza e la bellezza della natura si fonde con la gioia di vivere di ogni giorno l'intimità più profonda della famiglia locale. L'esigenza di godere all'interno della propria casa di una prorompente luminosità naturale unita al gaudio del fascino della vita di una flora casalinga, che ridente fiorisce e si moltiplica nella bellezza delle fronde e dei colori con il gioioso contorno dello svolazzare di bellissime farfalle multicolori della razza mediterranea, spinge ancor oggi la famiglia locale non soltanto a non abbandonare tale tradizione ma a rivalutarla in termini di una nuova raffinatezza agreste che riveste di particolare eleganza le nostre abitazioni.
Va', pensiero, sull'ali dorate Va', ti posa sui clivi, sui colli, Ove olezzano, tepide e molli L'aure dolci del suolo natal!
Del Giordano le rive saluta, Di Sionne le torri atterrate... Oh, mia patria, sì bella e perduta! Oh, Membranza sì cara e fatal!
Arpa d'or dei fatidici vati, Perchè muta dal salice pendi? Le memorie nel petto raccendi, Ci favella del tempo che fu!
O simile di Solima ai fati Traggi un suono di crudo lamento, O t’ispiri il Signore un concento Che ne infonda al patire virtù!
domenica 25 settembre 2011
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1 commento:
Anonimo
ha detto...
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