La doppietta di un grande Milito trascina i nerazzurri alla vittoria della coppa più ambita dopo 45 anni di astinenza. La squadra di Mourinho conquista così campionato, coppa nazionale e Champions: un'impresa mai riuscita ad un'italiana. In nottata la squadra è rien-trata a Milano portando in trionfo la Coppa: dalla Malpensa a San Siro
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LA SERA DELL’INTER E DI MOU - E’ la sera dell’Inter che completa una storica tripletta e dei suoi tifosi, che fanno tremare la curva Nord al fischio finale. E’ la sera del Principe Milito, che decide con una doppietta da Fenomeno. A 30 anni la prima grande squadra e la prima finale: se questo è un debutto... E la sera di José Mourinho che festeggia piangendo la sua seconda Champions con due squadre diverse. Adesso può anche andarsene. Sarà arrogante, penserà solo ai risultati, ma ha fatto più lui in due anni per l’Inter che tutti i suoi predecessori in 44. Se c’è un allenatore galactico, nel calcio, è lui.
PARTENZA TESA - Partita iniziata su ritmi bassi, come spesso in finale. Le finali aperte? Solo per squadre incoscienti. Bayern e Inter, invece, sono coscienziosissime, e inizialmente parecchio coperte. I tedeschi addormentano il gioco con passaggi fra i quattro dietro, quando arrivano dall’altra parte si trovano di fronte un muro. Ne vengono fuori una serie di tiri da fuori sballati, qualche protesta per un possibile tocco di mano in area di Maicon (16’), e poco più. Dall’altra parte, ci prova Sneijder su punizione. Poi il gol, e tutto cambia.
LA TECNICA DEL RINVIO - Per tutto il primo tempo è Julio Cesar a impostare la manovra: rinvii lunghi a cercare le punte. Sembra una scelta autolesionistica, visto che non la prendono mai. Ma non lo è. Al 35’ il suo sinistro lungo finisce dritto sulla testa di Milito: la sponda di testa è perfetta per Sneijder, così come il filtrante di ritorno. Demichelis vede solo la targa del Principe, che aspetta l’uscita di Butt e la piazza, per il 29° gol stagionale.
LA TECNICA DEL PRINCIPE - Fatto 29, si può fare anche 30. Minuto 25 del secondo tempo, va in scena una lezione di tecnica e controllo in corsa di Milito: lanciato in contropiede, punta Van Buyten, con una finta lo manda praticamente gambe all’aria, ritagliandosi uno spazio per l’ennesimo tiro perfetto: 2-0 e tanti saluti. L’Europa in crisi economica sarà meno unita che mai, ma c’è un Principe che regna incontrastato sul continente.
DIFESA COMPATTA - Ma l’Inter non è solo Diego. L’Inter difensivamente è quasi perfetta. Passata in vantaggio ha la sicurezza di chi sa come non prendere gol. Oddio, in realtà un baco nel sistema ci sarebbe, ed è Chivu, in perenne difficoltà con Robben, fino alla sostituzione. Ma quando l’hacker olandese prova a penetrare si trova di fronte i tre antivirus più efficienti in circolazione: Cambiasso, Lucio e Samuel. Respinto. E poi c’è sempre l’ultima risorsa, Julio Cesar: chiude alla grande a inizio ripresa sul tiro di Mueller, poi al 20’ sul tiro a giro di Robben.
OFFESA EFFICACE - Ma l’Inter non è solo difesa, alla faccia di Van Gaal. Sa offendere, riparte con scatti brucianti, controlla palloni difficili con la classe di Sneijder, non ha il solo straripante Maicon ma gli bastano i suoi attaccanti, anche se Eto’o è spesso sulla linea di Maicon (l’anno prossimo lo fa Cristiano Ronaldo, quel ruolo? Mourinho, ripensaci...). E poi la squadra è una "summa" di precisione tattica, con uomini costantemente alla distanza giusta l’uno dall’altro e sempre pronti ad aiutarsi. La forza del gruppo, quello che serve per coronare i sogni. Il calcio è uno sport di squadra. E oggi l’Inter è la miglior squadra d’Europa. (Valerio Clari - gazzetta.it)
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Alba a San Siro per i tifosi interisti
La lunga notte dei festeggiamenti nerazzurri. E alle 6 di mattina l'arrivo dei campioni
MILANO – Non contenti di avere stabilito un record unico del calcio italiano (tre titoli vinti in una sola stagione), gli interisti si sono voluti regalare quello che probabilmente è un primato mondiale: vedere arrivare l’alba dentro un stadio. A Milano, la notte della Champions League riconquistata a Madrid dall’Inter dopo 45 anni, per 50 mila persone è passata aspettando che i neocampioni d’Europa tornassero dalla Spagna, salissero sul pullman e da Malpensa si presentassero direttamente a San Siro.
L'ARRIVO ALLE SEI - Cancelli aperti alle 2.30, giocatori dati in arrivo per le 4.30, poi per le 5, poi per le 5.30. Infine l’arrivo alle 6, mentre sullo stadio si cominciava a intravedere il sole. A quel punto i primi due anelli di San Siro, quasi pieni, sono esplosi come se la gente fosse appena arrivata e dopo una notte di sonno sereno. Sono partiti fumogeni e fuochi d’artificio, mentre i calciatori (tranne assenti illustri come Eto’o e Sneijder, già in viaggio verso le rispettive nazionali) si concedevano un doppio giro del campo passandosi la coppa. Stankovic fingeva di lanciarla verso il pubblico, il capitano Javier Zanetti veniva portato in trionfo dai compagni, Thiago Motta saltava come un matto, Lucio roteava la maglia, mentre Samuel passeggiava per il cerchio di centrocampo tenendo per mano le figlie. Da segnalare un Arnautovic magistrale nel dirigere coreografie e cori del pubblico. Tutto sommato, una scena piuttosto surreale. Ma niente rispetto alle 3 ore e mezza d’attesa, con volonterosi speaker che tenevano tonici i 50 mila di San Siro facendo provare i cori per i giocatori e cantare a ripetizione i due inni nerazzurri (“C’è solo l’Inter” e “Pazza Inter”) mentre il megaschermo trasmetteva spezzoni della finale e il riassunto della strepitosa stagione europea dell’Inter. Poi tutti a casa, trovando anche il tempo (e la forza) di assediare giocatori e dirigenti in uscita dal parcheggio e diretti verso vacanze piuttosto meritate. La festa era finita. O forse era appena cominciata. Almeno per tutti gli abitanti della zona San Siro, che hanno ritrovato il silenzio. (Tommaso Pellizzari - corriere.it)
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