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Ennesimo rinvio elezioni Comites e Cgie
(di Gian Luigi Ferretti)
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Quando in
Parlamento si tratta di prendere decisioni su argomenti che interessano gli
italiani nel mondo, sarebbe logico pensare che tutti gli eletti all'estero
votassero nella stessa maniera, quella che va a favore dei connazionali
all'estero per l'appunto. Ma… Fra il dire e il fare c'è di mezzo la fomosa
disciplina di partito.Una settimana fa al Senato i senatori FANTETTI e GIORDANO hanno addirittura votato a favore della cancellazione della
rappresentanza degli italiani nel mondo nel futuro Senato. Perché lo hanno
fatto? Per disciplina di partito.Ora prendete il decreto che rinvia ancora una volta
le elezioni dei Comites (e quindi del Cgie) che avrebbero dovuto tenersi nel
2009.Mercoledì scorso è successo quasi un miracolo. Era
in votazione al Senato la Conversione in legge del decreto-legge che di fatto
sospende l' esercizio della democrazia per gli italiani all'estero con un altro
rinvio delle elezioni di Comites e Cgie. I 4 senatori eletti all'estero
presenti in aula (CASELLI del Pdl e RANDAZZI del PD non si sono fatti vedere) hanno votato tutti - appunto
miracolosamente - contro. I partiti, forse disattenti su un argomento da loro
ritenuto marginale, hanno dimenticato di stringere la corda della disciplina di
partito. Però sono corsi ai ripari oggi, quando la vicenda è arrivata alla
Camera. Meno il sempre disattento Pdl (allergico agli italiani all'estero) che
si è dimenticato di fare pressioni sui siuoi eletti all'estero che così hanno
avuto via libera per un sussulto d'orgoglio ed hanno votato CONTRO.Gli altri partiti che sostengono il governo, molto
più attenti, hanno deciso di votare A FAVORE dell'ennesimo rinvio delle
elezioni senza se e senza ma.Abbiamo assistito all'imbarazzo dei deputati Porta,
Fedi e Narducci, intervenuti in aula per stigmatizzare questa porcata. Narducci
si è spinto addirittura a dichiarare: "Non so se, personalmente, voterò
questo provvedimento perché ritengo, per le ragioni etiche che ho espresso e
che vengono da una profonda convinzione e dal rispetto della democrazia, che
nessun parlamentare in questo Parlamento possa dire che qui non è stata offesa
la democrazia".Ma poi, compatti,
hanno piegato il capo alla disciplina di partito ed hanno votato A FAVORE. Conoscendo BUCCHINO, FARINA, FEDE, GARAVINI, NARDUCCI, e PORTA so che non dormiranno tranquilli questa notte.Forse dormirà più tranquillo DI BIAGIO, anche lui A FAVORE come tutto il Fli, che ha dichiarato testualmente: "Questo rinvio si
configura come opportuno solo ed esclusivamente nell'ottica di riordino della
normativa generale…". "Si configura
come opportuno", bah.Tranquillissimo dormirà MERLO, che ha dimostrato ancora una volta cosa
significhi non dovere piegarsi ad una disciplina di partito e anche cosa
significhi essere alleati - non succubi - di un partito. L'Udc ha votato a
favore, MERLO (Maie) ha votato CONTRO. Tranquillamente.
Nell'interesse esclusivo degli italiani nel mondo.C'è da segnalare che i deputati del Pdl questa volta
hanno avuto un sussulto d'orgoglio ed hanno votato contro, meno ANGELI che si è sbagliato. Visto che si poteva derogare dalla disciplina di
partito, Fantetti e Giordano? PICCHI è più furbo di voi.*************************
I tacchini della disciplina di partito
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Ancora sul voto alla Camera
sulla conversione in legge del decreto-legge che di fatto sospende l' esercizio
della democrazia per gli italiani all'estero con un altro rinvio delle elezioni
di Comites e Cgie
Gian
Luigi Ferretti - Ben nascosti nel sito della Camera ci
sono le votazioni dei singoli deputati. Dopo un lungo lavoro di ricerca
abbiamo trovato quella relativa all'ennesimo rinvio delle elezioni di Comites e
Cgie e ce la siamo studiata ricavandone alcune considerazioni interessanti.Rettifiche - Intanto dobbiamo rettificare due dati riportati nel precedente articolo scritto a caldo:
1) l'on. Gianni Farina era assente 2) l'on. Gino Bucchino (PD), presente in aula tutto il tempo, al momento di questa votazione è uscito; 3) l'on. Angeli (Pdl) non ha votato a favore per sbaglio, bensì per scelta. Altrimenti avrebbe fatto mettere a verbale di avere sbagliato. Quindi i 3 eletti del Pdl si sono spaccati in due gruppi con 2 deputati contro ed
Se gli eletti all'estero dimostrano di stare con le mani sulla cintura, sempre pronti a calare le braghe, come potranno pretendere i connazionali all'estero di essere presi in considerazione dalla politica italiana?Quando si rompono le barriere, anche psicologiche, non stupisce più di tanto l'abiezione politica dei sen. Fantetti e del sen. Giordano del Pdl che votano - per disciplina - per l'eliminazione dei senatori eletti all'estero.Risposta - A chi dovesse chiedersi se io scriva queste considerazioni come direttore de L'Italiano o come Coordinatore del MAIE in Europa, rispondo che scrivo come Gian Luigi Ferretti, uomo libero da sempre. Errori ne ho fatti tanti nella mia lunga vita, ma posso vantarmi di non avere mai portato il mio cervello all'ammasso. E sempre a disposizione per pubblicare opinioni diverse dalla mia.
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Bucchino: Credere
ancora? Questione di fede
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"Al momento del voto del
decreto legge che rinviava le elezioni dei Comites, ho lasciato l’aula e non ho
votato". Le amare considerazioni del deputato elettpo in America
Settentrionale
On. Gino Bucchino (PD) - Sono dispiaciuto. Al momento del voto del decreto legge che rinviava le elezioni dei Comites, ho lasciato l’aula e non ho votato.
Il fatto è che per continuare a credere che un governo del nostro Paese (un qualsiasi governo - politico o tecnico che sia - come tutti quelli che si sono succeduti in questi decenni) prenda o prenderà in seria considerazione la questione "italiani all'estero" occorre davvero fare un esercizio di fede. È solo con la fede, infatti, che possiamo continuare a credere che prima poi vedremo il miracolo. Crediamoci e basta. Così almeno tutti coloro, e sono tanti, che da decenni lavorano per dare dignità di attenzione ai nostri connazionali all'estero eviteranno non solo di fare la figura degli imbecilli ma daranno anche un senso, una ragione e una giustificazione al loro lavoro.
Che peccato. C'è davvero da ricordare con nostalgia i bei tempi delle accese e partecipate riunioni dei Coemit, dei Comites e del Cgie. È pur vero che questi organismi di rappresentanza sono stati sempre come fumo negli occhi per il Ministero degli esteri, per i consoli e per gli ambasciatori e che il nostro parere valeva meno del due di briscola ma è altrettanto vero che, grazie al nostro lavoro, abbiamo mantenuto in vita e dato reale dignità alle questioni poste dalle nostre comunità che hanno saputo dimostrare di essere una grande e reale risorsa per il nostro Paese. Il guaio è che il nostro Paese questa cosa non l'ha mai capita. Fosse dipeso solo dal nostro paese, che abusa della parola "risorsa" solo per riempirsene la bocca, di questione emigrazione" e "di italiani all'estero" non se ne parlerebbe ormai più da decenni: tutto si sarebbe risolto col ben noto “prendete il passaporto, cercate di imparare una lingua e levatevi dai piedi”.
Però i nostri emigrati (che il “politically correct” ci impone ora di chiamare “italiani all’estero”) non ci sono stati ad assecondare questo ripulisti e a non essere più “italiani” ma anzi, anche negli anni difficili dell’emigrazione, hanno mantenuto in vita e salvato il nostro paese con le loro rimesse, sono rimasti legati alla nostra Italia, alle nostre tradizioni, alla nostra storia, alla nostra cultura, alla nostra cucina, alla nostra lingua, al nostro made in Italy e a tutto l’infinito mondo del nostro paese, hanno dato vita, senza che nessuno glielo chiedesse, alle loro associazioni, iniziando per primi a insegnare la lingua italiana ai loro figli e nipoti, hanno fondato i loro giornali, stampa povera o ricca che sia, riuscendo, in qualche modo – i miracoli dunque ci sono davvero? -, con la loro tenacia a ottenere legittimità di rappresentanza associativa, culturale e finalmente anche politica.
On. Gino Bucchino (PD) - Sono dispiaciuto. Al momento del voto del decreto legge che rinviava le elezioni dei Comites, ho lasciato l’aula e non ho votato.
Il fatto è che per continuare a credere che un governo del nostro Paese (un qualsiasi governo - politico o tecnico che sia - come tutti quelli che si sono succeduti in questi decenni) prenda o prenderà in seria considerazione la questione "italiani all'estero" occorre davvero fare un esercizio di fede. È solo con la fede, infatti, che possiamo continuare a credere che prima poi vedremo il miracolo. Crediamoci e basta. Così almeno tutti coloro, e sono tanti, che da decenni lavorano per dare dignità di attenzione ai nostri connazionali all'estero eviteranno non solo di fare la figura degli imbecilli ma daranno anche un senso, una ragione e una giustificazione al loro lavoro.
Che peccato. C'è davvero da ricordare con nostalgia i bei tempi delle accese e partecipate riunioni dei Coemit, dei Comites e del Cgie. È pur vero che questi organismi di rappresentanza sono stati sempre come fumo negli occhi per il Ministero degli esteri, per i consoli e per gli ambasciatori e che il nostro parere valeva meno del due di briscola ma è altrettanto vero che, grazie al nostro lavoro, abbiamo mantenuto in vita e dato reale dignità alle questioni poste dalle nostre comunità che hanno saputo dimostrare di essere una grande e reale risorsa per il nostro Paese. Il guaio è che il nostro Paese questa cosa non l'ha mai capita. Fosse dipeso solo dal nostro paese, che abusa della parola "risorsa" solo per riempirsene la bocca, di questione emigrazione" e "di italiani all'estero" non se ne parlerebbe ormai più da decenni: tutto si sarebbe risolto col ben noto “prendete il passaporto, cercate di imparare una lingua e levatevi dai piedi”.
Però i nostri emigrati (che il “politically correct” ci impone ora di chiamare “italiani all’estero”) non ci sono stati ad assecondare questo ripulisti e a non essere più “italiani” ma anzi, anche negli anni difficili dell’emigrazione, hanno mantenuto in vita e salvato il nostro paese con le loro rimesse, sono rimasti legati alla nostra Italia, alle nostre tradizioni, alla nostra storia, alla nostra cultura, alla nostra cucina, alla nostra lingua, al nostro made in Italy e a tutto l’infinito mondo del nostro paese, hanno dato vita, senza che nessuno glielo chiedesse, alle loro associazioni, iniziando per primi a insegnare la lingua italiana ai loro figli e nipoti, hanno fondato i loro giornali, stampa povera o ricca che sia, riuscendo, in qualche modo – i miracoli dunque ci sono davvero? -, con la loro tenacia a ottenere legittimità di rappresentanza associativa, culturale e finalmente anche politica.
E visto che, obtorto collo, il nostro
paese e i nostri governi, hanno dovuto ingoiare il rospo e accettare questo
stato di cose, i nostri Comites e CGIE non avevano fatto a tempo a nascere che
subito hanno dovuto iniziare a difendersi dagli attentati alla loro stessa
esistenza. E visto che nonostante i continui e reiterati tagli di fondi a tutto
quello che riguardava questi organismi e il progressivo depauperamento del loro
ruolo ridotti a organi di espressione di un mero parere consultivo che spesso,
fregandosene anche della legge, non veniva nemmeno richiesto, e visto appunto
che nonostante tutto questo, Comites e CGIE sono stati determinati a continuare
a esistere, i governi che si sono succeduti in questo ultimo decennio hanno
tirato fuori la trovata, credo questa volta davvero vincente, di aspettare che
Comites e CGIE morissero non solo di inedia per la mancanza di fondi ma anche
di fisiologica morte naturale. Hanno deciso semplicemente di non rinnovarli
più.
Se non erro siamo ormai al quarto rinvio. Adesso se tutto va bene, e solo per chi
crede nei miracoli, i Comites e conseguentemente il CGIE saranno rinnovati nel
2014. Dieci anni dopo l’ultima elezione del 2004. Segnali di vecchiaia,
decadenza, demotivazione, stanchezza, se non addirittura di agonia sono forti e
diffusi in quasi tutto il mondo. Personalmente dubito che nei prossimi anni a
venire qualcuno si ricorderà più cosa sono, o meglio cosa sono stati, Comites e
CGIE. Il
primo, il secondo e anche il terzo rinvio sono stati motivati “politicamente”
facendo passare per buona la scusa che non si potevano rinnovare i Comites
senza prima riformarli. Giusto? Forse sì, il problema è però
che nessuna riforma è stata fatta e così, rinvio dopo rinvio, siamo arrivati
alla comica finale. Adesso non si possono rinnovare perché non ci sono i soldi
per organizzare elezioni.
Nella mia infinita ignoranza, e forse anche
stupidità, non mi sembra di avere mai sentito in nessuna parte del mondo, in
nessuna circostanza, che non si fanno elezioni per mancanza di soldi. Non l’ho sentito dire nemmeno nei paesi
più poveri del mondo e addirittura nei paesi a dubbia democrazia. E poi di
quanti soldi stiamo parlando? Il governo dice 20 milioni di euro. Forse sì ma
più probabilmente forse no, anche perché, quando davvero si vogliono fare le
cose, si possono fare anche in economia. Ricordo che in Canada, il secondo
paese più grande del mondo, nel 2004 organizzammo in proprio (vale a dire a
spese dei connazionali) le elezioni dei Comites spendendo meno di 100mila
dollari.
E parlando di miracoli oggi forse se ne è avverato uno. Quello che, una volta tanto in questi ormai sei anni da quando sono al parlamento, ho sentito parlare di italiani all’estero. Oddio, le questioni che riguardano gli italiani all'estero sono tante, dalla cittadinanza ai diritti previdenziali, dall’informazione, alla lingua e alla cultura, ai diritti civili, all’assistenza sanitaria. No, di queste questioni non si è mai parlato. A malapena qualche risposta alle nostre interrogazioni, quando proprio non potevano farne a meno. Si è trovato però il tempo, in commissione prima e in aula poi, per rinviare le elezioni.
Bene le elezioni sono state rinviate. Anche questo governo “tecnico” – ha davvero imparato alla svelta - ha messo in chiaro, per chi non lo avesse ancora capito, che di italiani all’estero non ne vuole sentire parlare e ha fatto propria la sciagurata disattenzione dei precedenti governi “politici”.
E parlando di miracoli oggi forse se ne è avverato uno. Quello che, una volta tanto in questi ormai sei anni da quando sono al parlamento, ho sentito parlare di italiani all’estero. Oddio, le questioni che riguardano gli italiani all'estero sono tante, dalla cittadinanza ai diritti previdenziali, dall’informazione, alla lingua e alla cultura, ai diritti civili, all’assistenza sanitaria. No, di queste questioni non si è mai parlato. A malapena qualche risposta alle nostre interrogazioni, quando proprio non potevano farne a meno. Si è trovato però il tempo, in commissione prima e in aula poi, per rinviare le elezioni.
Bene le elezioni sono state rinviate. Anche questo governo “tecnico” – ha davvero imparato alla svelta - ha messo in chiaro, per chi non lo avesse ancora capito, che di italiani all’estero non ne vuole sentire parlare e ha fatto propria la sciagurata disattenzione dei precedenti governi “politici”.
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