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La recente proposta di introdurre un'ora di insegnamento di religione musulmana nelle scuole italiane ci suscita perplessità, amarezza e delusione.Pochi dati fondamentali per delineare il contesto nel quale l’iniziativa sta prendendo corpo: l’Islam è l’unica religione che non ha firmato nessun patto con lo Stato Italiano, perché non vi è un’unica rappresentanza riconosciuta delle 750 moschee presenti sul nostro territorio in quanto ogni Imam rappresenta la sua singola comunità; nella scuola italiana vi sono circa il 7% di alunni stranieri, ma di questi il 50% è di religione cristiana e solo il 10% di religione islamica.
Vi sono principi nel Corano e nella tradizione islamica che cozzano violentemente con la nostra Costituzione e la nostra legislazione, dalla poligamia alla disuguaglianza dell’uomo e della donna, fino alle pratiche di mutilazioni corporali condannate dalla nostra legge e dalla nostra morale.
Con queste premesse si capisce come il processo di integrazione per la comunità islamica sia di maggiore difficoltà rispetto ad altre comunità religiose non cristiane, ma non comprendiamo la finalità e la funzione di una proposta che, senza apportare alcun beneficio o risolvere nessuno dei problemi oggi esistenti, avrebbe solo un’azione destabilizzante.
In nome di una finta integrazione e di una falsa laicità sono calpestati i veri valori fondanti della società civile italiana, storicamente radicati ad una matrice cristiana che oggi alcune forze o personalità politiche tentano di mescolare con una cultura che non ci appartiene ed è totalmente estranea ai nostri stili di vita e alle nostre leggi (il rispetto della vita, i diritti delle donne, i principi di accoglienza e di solidarietà, la monogamia, ecc.).
Scendere a patti con l'Islam nel momento in cui questo si presenta nella sua forma di terrorismo armato è da autolesionisti, e non è diffondendo la cultura islamica nella nostra gioventù che si elimineranno la violenza e l’inciviltà inculcata dal radicalismo islamico nei suoi seguaci.
Al contrario l'arrendevolezza ideologica e culturale di fronte alle pressioni esterne ed estranee al nostro paese, alla nostra libertà, alla nostra cultura, alla nostra unità, ai nostri valori etici e morali rischia di renderci ostaggi delle decisioni altrui.
Questa proposta oggi è sbandierata come una possibile conquista sociale di fraternità, tolleranza, uguaglianza e rispetto delle altre culture e usanze: ma tutto questo prima di ogni altra filosofia, religione e cultura ce l'ha insegnato e continua ad insegnarcelo il Cristianesimo, impregnando la nostra società fin dal suo fondamento attraverso le vicende storiche che si sono succedute.
Non vi è niente che si possa aggiungere a questa cultura: altro che insegnare l'Islamismo ai nostri ragazzi! La vera rivoluzione culturale sarebbe invece proporre i valori a fondamento del Cristianesimo agli islamici.
Una società multietnica deve garantire la libertà di opinione e di culto, nel rispetto delle leggi vigenti, e favorire l’inserimento degli stranieri nel nostro sistema sociale e politico e non viceversa adattare quest’ultimo alle esigenze di culture estranee alla nostra tradizione.
Non vogliamo che l’integrazione ci faccia dimenticare le nostre tradizioni e la nostra cultura, o peggio imponga la sostituzione dei nostri valori con altri! Inoltre, partendo dal fatto che gli attuali insegnanti di religione da anni ormai non sono più in maggioranza sacerdoti, ma laici laureati in teologia, e che nei loro programmi vi è l’educazione interculturale, lo studio della teologia e della storia delle religioni, chi praticamente dovrebbe insegnare la religione islamica nelle scuole italiane? Quando mai in uno spirito di riconoscimento reciproco e di tolleranza i paesi arabi di cultura musulmana hanno proposto l’ora di religione cattolica nelle loro scuole?
Non ci risulta che si siano levati, da parte dei musulmani che vivono in Italia, cori di protesta per la crocifissione dei cristiani in Sudan, in onore al principio della parità delle confessioni che qui viene richiesta e si pretende dare.
Sicuramente dobbiamo avere una reciproca conoscenza, ma perseguita in altri momenti, in altri luoghi e con altri metodi, non certo introducendo il tutto nel contesto istituzionale della scuola italiana.
Non possiamo pensare che il problema si risolva moltiplicando nelle scuole le ore dedicate alle altre religioni. Se si fa l’ora di Islam, si dovrebbe fare anche l’ora di cristianesimo ortodosso o quella di buddismo: questo non è sostenibile perché si arriverebbe a una vera lottizzazione dell’istruzione da parte dei credi, in cui prevarrebbe tra l’altro la legge del più forte o della maggioranza.
Urso coglie un punto essenziale quando dice che non si possono lasciare i bambini islamici alla ghettizzazione dell’istruzione integralista, ma la soluzione non è l’assunzione degli Imam al pari dei preti cattolici.
Dobbiamo tutelare il fondamento laico della scuola, non eliminando l’ora di religione ma aggiungendo corsi dedicati alla conoscenza delle altre culture e religioni e all’educazione civica e al rispetto delle regole e della convivenza democratica.
Il pensiero della multiculturalità, come ad esempio adottata dai paesi anglosassoni e dalla Francia, che parte dal presupposto che le comunità etniche, religiose e linguistiche debbano rimanere separate in casa è fondamentalmente sbagliato e il fallimento di questa teoria è evidente nelle banlieue francesi e nell’esplosione di bullismo razziale registrato in Inghilterra alla fine degli anni 90.
Per queste ragioni riteniamo che la proposta di istituire l’ora di religione islamica nelle scuole italiane sia da rifiutare, ma contestualmente auspichiamo che queste riflessioni possano contribuire ad un costruttivo confronto delle idee e delle posizioni, non solo all’interno del PDL, ma anche fra le varie forze politiche e culturali del nostro territorio.
PATRIZIO LA PIETRA
Consigliere Provinciale PdL
Il documento è stato scritto a più mani e sopratutto con il contributo dei Consiglieri Comunali MICHELE MOCERI (Monsummano Terme), SANDRA PALANDRI (Lamporecchio) e GIORGIO ZUCCHERINI (Pistoia). Lo stesso è già stato condiviso da altri consiglieri, esponenti politici e sindacali.
Non si ha la presunzione di avere la verità rivelata sull'argomento, ma si spera che questo documento possa essere spunto di riflessione e di discussione.
1 commento:
anche io sono fra i firmatari...
un saluto Iacopo Bojola
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