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È una tragedia di proporzioni inimmaginabili, il terremoto che ha colpito Haiti, il paese più povero dell’intero continente americano. La capitale del paese Caribico, Port-au-Prince, di fatto non esiste più. Si è trasformata in un inferno dove si lotta per tirare fuori i sepolti, scavando con le mani in una lotta disperata contro il tempo. Numerose scuole sono piene di cadaveri. La maggior parte degli edifici non ha retto, non ha potuto reggere, forse, ad uno sciame di scosse devastanti, cominciato con un colpo di maglio come mai si era sentito.
Presidente Preval: "Potrebbero esserci oltre 100 mila morti"
Presidente Preval: "Potrebbero esserci oltre 100 mila morti"
Il Paese è "distrutto", è una "catastrofe", e crediamo che "migliaia di persone" possano essere morte. Lo ha riferito il presidente di Haiti, Renè Preval, che ha parlato di "scene inimmaginabili" dopo il terremoto che ha colpito Port-au-Prince. "Potrebbero esserci - ha proseguito il presidente, facendo alla Cnn un possibile bilancio del disastro -, oltre centomila vittime".
Gli epicentri del terremoto, dello sciame dello sciame sismico violentissimo sono fra una quindicina ed una sessantina di chilometri da una città di due milioni di persone. L’ipocentro delle scosse, ad appena 10 chilometri di profondità: le case sono venute giù come pezzi di domino su un tappeto sbattuto. Sono crollati tre ospedali su quattro, il quartier generale delle Nazioni Unite è raso al suolo, il palazzo presidenziale, che fu di "Papa Doc" Francois Duvalier e del figlio "Baby Doc", si è afflosciato come un soufflè. Ci sono vittime anche tra i Caschi Blu dell’Onu perché è stata distrutta anche la loro sede. E dopo il terremoto l’orrore degli sciacalli, che si sono scatenati subito in un paese che è il 203/o su 229 al mondo per reddito pro-capite annuo.
Un boato, poi il finimondo
Un boato, poi il finimondo
Tutto è cominciato alle 16.53 locali di ieri (le 22.53 italiane), quando una terrificante scossa di 7.0 gradi Richter ha spezzato la normalità. Da allora sono già 33 gli altri scrolloni, tutti oltre magnitudo 4.5. L’ultimo finora registrato dal servizio sismografico statunitense Usgs è stato alle 2.23 (le 8.23 di Roma), ma i geologi si aspettano che il mostruoso terremoto che si è scatenato ad appena una trentina di chilometri dalla capitale dove vivono oltre due milioni di persone All’Aquila il primo colpo fu di 5.8. Ad Haiti, questo è stato il livello delle "scosse di assestamento".
Dopo il primo incredibile minuto di terrore, Port-au-Prince si è trasformata in una distesa di rovine, un’enorme nube grigia di polvere con migliaia di persone inghiottite sotto le macerie. Con il calare della notte, mentre i soccorritori hanno cominciato a reagire in ordine sparso, la città è diventata una macchia di oscurità totale, popolata di spettri accasciati sulle strade senza sapere dove andare. "Tutto ha ballato, la gente urla, le case hanno cominciato a crollare. Il caos è totale". È stata la prima testimonianza di un paese in cui non c’è più nulla. "Tutta la città è una grande nuvola nera. Ci sono migliaia di persone sedute per strada che non sanno dove andare", ha detto Rachmani Domersant, manager della fondazione di beneficenza Food for The Poor. "La gente corre, urla, piange, cerca di tirare fuori le persone dalle macerie".
Ci sono feriti ogni due passi
Carel Pedre, giornalista della Radio 1 di Haiti, contattato dal sito internet del settimanale francese Le Nouvel Observateur, descrive così il caos che regna a Port-au-Prince. "Ero a Port-au-Prince, quando ho sentito la scossa stavo guidando la mia auto. All’inizio pensavo che mi avessero investito". "Abitazioni distrutte, un ferito ogni due passi. Posso dire di aver visto almeno 500 feriti. Il Paese intero è colpito. Le persone meno toccate sono quelle che erano nella loro automobile o per strada, lontano dagli edifici". "In questo momento non so nemmeno dove si trovino mia madre e mio fratello - dice ancor Crel Pedre -. I mezzi di comunicazione sono fortemente disturbati, la maggior parte delle persone non riesce ad entrare in contatto con gli altri. È dunque impossibile stabilire il numero dei dispersi". "È un enorme disastro, abbiamo bisogno di aiuto", ha concluso Pedre.
Le onde portavano via i morti...
Le onde portavano via i morti...
"Subito dopo il terremoto onde gigantesche si sono abbattute su spiagge e strade e si portavano via i morti tra le macerie. Alcune strutture dei palazzi presidenziali e del Parlamento sono crollate. Ci sono cadaveri dappertutto", riferisce Cristina Iampieri, un avvocato italiano, che lavora all’Onu a Port-au-Prince. Subito dopo il terremoto l’avvocato ha chiamato una sua amica haitiana che vive a Roma. La comunicazione è durata pochi secondi, poi il cellulare satellitare di Cristina ha interrotto la ricezione.
Deceduto l'arcivescovo di Port-au-Prince Monsignor Serge Miot, arcivescovo della capitale Port-au-Prince, è stato ritrovato sotto le macerie dell’arcivescovado. Lo hanno riferito all’agenzia missionaria Misna, i missionari della Società di Saint Jacques, presenti in Haiti da oltre 40 anni. Inoltre non ci sono notizie del vicario generale, monsignor Benoit.
Finora 60 italiani in salvo
Deceduto l'arcivescovo di Port-au-Prince Monsignor Serge Miot, arcivescovo della capitale Port-au-Prince, è stato ritrovato sotto le macerie dell’arcivescovado. Lo hanno riferito all’agenzia missionaria Misna, i missionari della Società di Saint Jacques, presenti in Haiti da oltre 40 anni. Inoltre non ci sono notizie del vicario generale, monsignor Benoit.
Finora 60 italiani in salvo
Sono stati rintracciati e sono sicuramente in salvo circa 60 dei 191 italiani che secondo le informazioni del ministero degli Esteri sarebbero presenti ad Haiti. Tra essi ci sono due suore che erano state date per disperse nelle ultime ore. Lo ha annunciato il capo dell’Unità di crisi della Farnesina, Fabrizio Romano, precisando che "i 191 sono coloro iscritti ai registri consolari e quindi non è detto che si trovino attualmente tutti sull’isola". La maggior parte dei 191 italiani si concentrerebbero tra la capitale Port-Au-Prince (84) e Petionville (82) e si tratta di missionari, funzionari, connazionali che lavorano sull’isola tra cui dodici dipendenti di una ditta di costruzioni, la "Ghella". Romano ha inoltre riferito che l’Italia ha già stanziato 500 mila euro per il programma mondiale alimentare (Pam) e altri 500 mila destinati alle federazioni internazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. La Farnesina sta anche verificando una notizia dell’ultima ora secondo cui un cittadino italiano sarebbe morto. Il ministero degli Esteri ha inviato sull’isola un suo funzionario dotato di tutta la necessaria strumentazione per far fronte alle difficoltà di comunicazione. Un altro funzionario, inviato dall’ambasciata italiana nella Repubblica Dominicana, sta raggiungendo il suo collega sul posto. Romano ha annunciato inoltre che un aereo della protezione civile è partito dall’Italia per Haiti con i primi aiuti disposti dal governo italiano.
Stanno bene i dipendenti della Ghella
"Stanno tutti beni i dodici italiani della ditta Ghella che si trovano in un cantiere nel nord di Haiti, a una cinquantina di chilometri da Port-Au-Prince": lo ha detto all'ANSA Gianfranco del Pero, responsabile dell'ambasciata italiana nella vicina Repubblica Dominicana.
Obama: "Aiuti immediati"
Il Presidente degli Stati Uniti ha promesso uno sforzo "immediato, coordinato e aggressivo" per salvare vite. Obama, parlando da Washington, ha detto che le immagini della tragedia "stringono davvero il cuore" e che gli Stati Uniti "sono pronti ad aiutare" Haiti, un paese legato all’America "da una lunga storia". Le prime squadre di soccorso, dalla Florida e dalla California, arriveranno tra oggi e domani, ha detto il presidente, ricordando che in questi casi "le prime ore e giorni sono cruciali". Il presidente ha detto che bisogna essere pronti a «giorni difficili» nei giorni a venire, quando il mondo "scoprirà le vere dimensioni di questo disastro".
Il Pentagono mobilita navi
Il Pentagono mobilita navi
Alcune navi militari Usa dislocate in basi lungo la costa atlantica hanno ricevuto l’ordine di prepararsi a partire alla volta di Haiti. Il Pentagono ha fatto inoltre sapere che aerei da trasporto C-130 saranno utilizzati nelle prossime ore per far giungere ad Haiti aiuti di emergenza. Una ricognizione effettuata da un aereo militare Usa ha permesso di determinare che l’aeroporto di Port-au-Prince è ancora in grado di operare, una buona notizia destinata ad accelerare l’arrivo ad Haiti dei mezzi di soccorso.
Serve assistenza sanitaria
Serve assistenza sanitaria
"La circostanza più grave è che sono rimasti gravemente danneggiati gli ospedali ed è questa l’assistenza di cui abbiamo più bisogno. Chiediamo alla comunità internazionale assistenza ospedaliera. Abbiamo bisogno di aiuto, questa è la verità". Con queste parole l’ambasciatore di Haiti a Washington, Raymond Joseph, si è rivolto alla comunità internazionale in una conferenza stampa convocata all’Ambasciata haitiana. Già ieri sera, poco dopo la prima scossa, l’ambasciatore aveva riferito la dimensione del disastro che ha colpito il suo paese parlando di "catastrofe". Oggi ha spiegato che era riuscito a parlare al telefono "con il segretario generale del nostro presidente pochi minuti dopo la scossa e mi aveva detto che a Port au Prince i danni sono incalcolabili. Le case crollate sono a centinaia, c’è gente sotto le macerie, impossibile quantificarla al momento". L’ambasciatore ha detto che il presidente di Haiti, Rene Preval e sua moglie subito dopo il terremoto sono stati portati in un rifugio sicuro fuori della capitale.
Dalla Ue subito 3 milioni
Dalla Ue subito 3 milioni
La Commissione europea ha stanziato un finanziamento immediato di 3 milioni di euro per far fronte alle prime necessità dell’emergenza. Stamattina, il vicepresidente Catherine Ashton ha riunito d’urgenza i commissari competenti per valutare la situazione. La Commissione, come hanno spiegato i portavoce durante una conferenza stampa, ha inviato già alcuni esperti che fra poche ore saranno in grado di fornire i primi dati sulle necessità immediate. Haiti, hanno spiegato, è già uno dei maggiori beneficiari degli aiuti europei con 28 miolioni di euro all’anno: vista la situazione di emergenza, la Commissione è disponibile a rivedere questo finanziamento.
Frattini: aiuti dall'Italia
"Sono profondamente vicino al popolo di Haiti così duramente colpito da questa terribile catastrofe", ha dichiarato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, da Addis Abeba non appena informato della vasta portata del sisma che ha colpito Haiti e l'area caraibica. "L'Italia - ha aggiunto il titolare della Farnesina - non lesinerà sforzi per stare concretamente vicina al popolo di Haiti e, naturalmente, agli italiani presenti nell'area colpita dal terremoto".
Parte un team della Protezione Civile
Parte un team della Protezione Civile
Un milione di euro subito stanziati e una missione italiana in Haiti per valutare sul terreno le priorità. La Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (Dgcs), su indicazione del ministro degli Esteri, Franco Frattini, si è immediatamente attivata. Sono stati subito disposti due contributi finanziari a favore delle Agenzie Internazionali che operano sul terreno: 500.000 euro saranno devoluti al Programma Alimentare Mondiale per andare incontro ai bisogni alimentari d’urgenza delle popolazioni colpite, ed altri 500.000 euro saranno concessi nel quadro del programma d’emergenza che la Federazione Internazionale delle Croci Rosse e delle Mezze Lune Rosse sta predisponendo per l’assistenza sanitaria. La Dgcs, inoltre, parteciperà ad una missione italiana coordinata, resa possibile da un volo organizzato dalla Protezione Civile, che partirà al più presto per Haiti. La Dgcs intende infatti valutare sul terreno le necessità urgenti ed il quadro logistico/operativo in vista della predisposizione, nei prossimi giorni, di un proprio volo umanitario che trasporterà beni di prima necessità destinati alla popolazione di Haiti. La Dgcs, inoltre, studierà insieme ai rappresentanti della società civile italiana le ulteriori forme di intervento che potranno rendersi utili nella fase successiva a quella dell’aiuto immediato. (Il Giornale)
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Port-au-Prince non esiste più. L'apocalisse si è abbattuta su Haiti e sulla capitale del paese più povero dell'intero continente americano. I morti fatti dal terremoto che si è scatenato a partire dal tramonto di ieri si conteranno, forse, a centinaia di migliaia. Potrebbe essere la peggior tragedia della storia, superare persino i 230.000 dello tsunami di Santo Stefano 2004. Qualcosa con cui il mondo intero dovrà fare i conti: lo ha detto per primo il presidente Barack Obama, che ha chiesto al Pentagono di mobilitare tutte le forze disponibili per portare aiuto. Una guerra per salvare vite.
L'orrore di Port-au-Prince è negli occhi dei bambini rimasti vivi, nei silenzi di chi si trascina senza braccia, nelle urla di chi è rimasto cieco. I cadaveri li ammucchiano nelle aule delle scuole, o li porta via il mare, o restano sotto le macerie di quella che fu la terra della filibusta e che oggi non è più nulla. Il palazzo presidenziale, il Parlamento, la Cattedrale, il quartier generale delle Nazioni Unite, gli albergacci che qui sembravano di lusso, l'ufficio delle imposte, l'ambasciata di Francia, ma anche la prigione, le scuole, gli ospedali e le sconfinate bidonville: tutto è crollato sotto un bombardamento di scosse. Per gli oltre due milioni di abitanti della capitale di Haiti, la differenza tra la vita e la morte l'ha fatta solo il caso. Con un paradosso: i più poveri hanno avuto la fortuna di avere solo lamiere e cartoni a piovere sulle loro teste. Ancora nessuno sa quale sarà il vero ordine di grandezza del bilancio finale.
L'Onu stima che un terzo dei 9 milioni di abitanti di Haiti sia stato colpito. Ed il primo ministro Jean Max Bellerive ha parlato di oltre centomila cadaveri. Tra i morti si contano già l'arcivescovo Serge Miot e la brasiliana Zilda Arns, fondatrice della Pastorale dei bambini della Chiesa cattolica a San Paolo, decine di Caschi Blu e forse centinaia di dipendenti dell'Onu. Il capo della missione delle Nazioni Unite, il tunisino Hedi Annabi, ufficialmente è tra i dispersi. Ma hanno già inviato il suo sostituto. Si è invece salvato il presidente René Preval, che con la moglie è riuscito a fuggire subito dall'inferno.
E' tornato a far sentire la sua voce solo oggi, dicendo di temere migliaia di morti. La capitale del paese più povero dell'intero continente americano è stata distrutta dal sisma più violento mai registrato nei Caraibi. Ma dire 'terremoto' non può rendere l'idea, neppure a chi lo ha già provato sulla sua pelle. Non è stata una scossa la prima, ma un lungo, interminabile, ondeggiare e sobbalzare della terra: 60 secondi di terrore, di edifici che crollavano come tessere di domino, di automobili sbalzate in aria. I sismologi dell'istituto americano di geofisica Usgs hanno classificato la prima botta di maglio, quella scatenata alle 16:53 di ieri dalla rottura della faglia ad appena 15 chilometri da Port-au-Prince, come di magnitudo 7.0 sulla scala Richter. L'energia liberata è stata pari a quella di una bomba H da 32 megaton. Circa 30 volte più potente del terremoto che ha distrutto L'Aquila (5,8 Richter), mille volte più distruttiva dell'atomica sganciata dagli americani su Nagasaki nel 1945 (32 kiloton). Da quel momento, nelle 17 ore successive, un bombardamento di altre 35 scosse: nessuna al di sotto dei 4.5 gradi Richter. Era il tramonto, quando l'equilibrio della Terra si è spezzato. La notte ha coperto la disperazione e dato il via libera agli sciacalli.
Lì dove il reddito medio pro capite è di 1.200 dollari l'anno, i saccheggiatori si sono scatenati senza ritegno. L'immane tragedia ha fatto scattare la catena dei soccorsi. Il Papa ha lanciato un appello "alla generosità di tutti". Obama ha cominciato mandando una portaerei. La Ue nella catastrofe ha trovato la forza di unirsi mettendo insieme "per la prima volta" un coordinamento unico per gestire gli aiuti alla popolazione. Ma mentre un'altra notte sta per cominciare sull'isola da dove Cristoforo Colombo nel 1492 fece cominciare la nuova storia del mondo, tutto perde senso e proporzione. Come nel giorno dell'Apocalisse. (Ansa)
L'orrore di Port-au-Prince è negli occhi dei bambini rimasti vivi, nei silenzi di chi si trascina senza braccia, nelle urla di chi è rimasto cieco. I cadaveri li ammucchiano nelle aule delle scuole, o li porta via il mare, o restano sotto le macerie di quella che fu la terra della filibusta e che oggi non è più nulla. Il palazzo presidenziale, il Parlamento, la Cattedrale, il quartier generale delle Nazioni Unite, gli albergacci che qui sembravano di lusso, l'ufficio delle imposte, l'ambasciata di Francia, ma anche la prigione, le scuole, gli ospedali e le sconfinate bidonville: tutto è crollato sotto un bombardamento di scosse. Per gli oltre due milioni di abitanti della capitale di Haiti, la differenza tra la vita e la morte l'ha fatta solo il caso. Con un paradosso: i più poveri hanno avuto la fortuna di avere solo lamiere e cartoni a piovere sulle loro teste. Ancora nessuno sa quale sarà il vero ordine di grandezza del bilancio finale.
L'Onu stima che un terzo dei 9 milioni di abitanti di Haiti sia stato colpito. Ed il primo ministro Jean Max Bellerive ha parlato di oltre centomila cadaveri. Tra i morti si contano già l'arcivescovo Serge Miot e la brasiliana Zilda Arns, fondatrice della Pastorale dei bambini della Chiesa cattolica a San Paolo, decine di Caschi Blu e forse centinaia di dipendenti dell'Onu. Il capo della missione delle Nazioni Unite, il tunisino Hedi Annabi, ufficialmente è tra i dispersi. Ma hanno già inviato il suo sostituto. Si è invece salvato il presidente René Preval, che con la moglie è riuscito a fuggire subito dall'inferno.
E' tornato a far sentire la sua voce solo oggi, dicendo di temere migliaia di morti. La capitale del paese più povero dell'intero continente americano è stata distrutta dal sisma più violento mai registrato nei Caraibi. Ma dire 'terremoto' non può rendere l'idea, neppure a chi lo ha già provato sulla sua pelle. Non è stata una scossa la prima, ma un lungo, interminabile, ondeggiare e sobbalzare della terra: 60 secondi di terrore, di edifici che crollavano come tessere di domino, di automobili sbalzate in aria. I sismologi dell'istituto americano di geofisica Usgs hanno classificato la prima botta di maglio, quella scatenata alle 16:53 di ieri dalla rottura della faglia ad appena 15 chilometri da Port-au-Prince, come di magnitudo 7.0 sulla scala Richter. L'energia liberata è stata pari a quella di una bomba H da 32 megaton. Circa 30 volte più potente del terremoto che ha distrutto L'Aquila (5,8 Richter), mille volte più distruttiva dell'atomica sganciata dagli americani su Nagasaki nel 1945 (32 kiloton). Da quel momento, nelle 17 ore successive, un bombardamento di altre 35 scosse: nessuna al di sotto dei 4.5 gradi Richter. Era il tramonto, quando l'equilibrio della Terra si è spezzato. La notte ha coperto la disperazione e dato il via libera agli sciacalli.
Lì dove il reddito medio pro capite è di 1.200 dollari l'anno, i saccheggiatori si sono scatenati senza ritegno. L'immane tragedia ha fatto scattare la catena dei soccorsi. Il Papa ha lanciato un appello "alla generosità di tutti". Obama ha cominciato mandando una portaerei. La Ue nella catastrofe ha trovato la forza di unirsi mettendo insieme "per la prima volta" un coordinamento unico per gestire gli aiuti alla popolazione. Ma mentre un'altra notte sta per cominciare sull'isola da dove Cristoforo Colombo nel 1492 fece cominciare la nuova storia del mondo, tutto perde senso e proporzione. Come nel giorno dell'Apocalisse. (Ansa)
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