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Dopo oltre 26 anni l'inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi registra la prima svolta concreta: un volto e un nome finiti sul registro degli indagati. Si tratta di “Mario” il telefonista.
Nella telefonata con lo zio di Emanuela, l’uomo, con un forte accento romano, disse di avere 35 anni. Sosteneva di aver visto un uomo e due ragazze che vendevano cosmetici, una delle quali diceva di essere di Venezia e di chiamarsi Barbara. Quando gli viene chiesta l’altezza della ragazza, disse di non saperlo. In sottofondo si sentiva anche una seconda voce.
Nel corso di una deposizione al Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo insieme con il Pm Simona Maisto, la superteste Sabrina Minardi, che era stata legata sentimentalmente al capo della banda della Magliana, Enrico De Pedis detto Renatino, ha confermato che Emanuela Orlandi è morta, ed ha riconosciuto la voce del telefonista Mario, che in realtà era un pregiudicato affiliato alla banda della Magliana e in particolare agli ordini di Enrico De Pedis, che secondo la ricostruzione degli investigatori è colui che avrebbe gestito il sequestro.
Emanuela Orlandi, figlia di un commesso della prefettura della Casa pontificia, scomparve in circostanze misteriose il 22 giugno 1983 all’età di 15 anni. Dopo le dichiarazioni rese da Sabrina Minardi la procura ha dato nuovo impulso agli accertamenti. Nei confronti di Mario la Procura procede per il reato di omicidio plurimo aggravato dalle sevizie e dalla minore età della vittima e sequestro di persona a scopo di estorsione. E’ presumibile che l’uomo venga raggiunto da un provvedimento cautelare per chiarire la sua posizione nell’ambito della vicenda.
Al magistrato Sabrina Minardi ha fatto un lungo racconto ricostruendo con maggiori particolari e con più logica il racconto che aveva fatto già nel giugno dello scorso anno quando rivelò che a Torvajanica all’interno di un cantiere c’era una betoniera dentro la quale erano stati gettati due sacchi, contenenti due corpi. Secondo il suo racconto uno era quello di Emanuela Orlandi, uccisa qualche mese dopo il sequestro. La Minardi non vide il corpo della Orlandi, seppe che si trattava della ragazza da De Pedis, che accompagnò in un cantiere a Torvajanica. Con De Pedis c’era un altro uomo che non è il telefonista. La teste ha ora chiarito che il secondo corpo non era quello di Domenico Nicitra. «Di Nicitra l’ho saputo anni dopo da altre persone in circostanze simili», ha ammesso la Minardi. Domenico Nicitra, 11 anni, figlio di Salvatore, imputato al processo della banda della Magliana, scomparve il 21 giugno 1993 assieme allo zio Francesco, fratello del padre. De Pedis era già morto: venne ammazzato il 2 febbraio 1990.
Le ultime novità sul caso Orlandi sono vissute dalla famiglia di Emanuela come una «svolta importante, tutta da verificare». Restano comunque scettici sul coinvolgimento della Banda della Magliana nella vicenda, visto il risultato degli accertamenti svolti in passato. A riassumere i sentimenti di Maria Orlandi, la mamma di Emanuela e dei famigliari, è l’Avvocato Massimo Krogh: «la famiglia - spiega il legale - non ha mai abbandonato la speranza che Emanuela sia viva ma come sempre ha fiducia nella magistratura e attende che i fatti siano verificati». «Sono passati 26 anni nell’attesa di riabbracciarla»: Maria Orlandi, la madre di Emanuela, parla con voce serena ma preferisce evitare commenti sugli sviluppi dell’inchiesta che hanno portato la procura di Roma a iscrivere nel registro degli indagati il misterioso telefonista «Mario», che chiamò la famiglia pochi giorni dopo la scomparsa della ragazza. «Non voglio sapere nulla - dice -. Emanuela ce l’ho nel cuore, sempre presente nel mio cuore. Vivo per lei». Oggi una parente ha telefonato alla signora Orlandi per informarla delle novità delle indagini su Mario. «Si sentono cose...- dice Maria, perplessa - Aspettiamo, vediamo se sono vere o se è una bolla di sapone. Sono passati così tanti anni e lo hanno individuato adesso?». Dall’inizio di questa tormentata vicenda, la madre di Emanuela non ha mai cambiato atteggiamento: «Ogni notizia mi sembra che tutto sia successo ieri. E’ un romanzo che continua. Mio marito Ercole in una trasmissione televisiva disse: Se Emanuela è morta, ci dicano almeno dove per poterle portare un fiore. Ma in tutti questi anni nessuno si è fatto vivo». Il padre di Emanuela, dipendente vaticano, è morto cinque anni fa, all’inizio di marzo del 2004. Un mese prima, intervistato in un programma tv, aveva detto: «Noi tutti in famiglia, dopo vent’anni, crediamo che Emanuela sia ancora viva, in qualche parte del mondo. Mi raffiguro Emanuela non come una bambina ma da donna adulta, come credo che oggi sia. Andiamo avanti sempre con questo pensiero ed in famiglia la speranza è sempre viva, perchè mai nessuno ha parlato di Emanuela come morta, ma tutti, sempre, come viva. Noi speriamo veramente che sia ancora viva e andiamo avanti, finchè ci sarà la salute, per arrivare alla verità».
Nella telefonata con lo zio di Emanuela, l’uomo, con un forte accento romano, disse di avere 35 anni. Sosteneva di aver visto un uomo e due ragazze che vendevano cosmetici, una delle quali diceva di essere di Venezia e di chiamarsi Barbara. Quando gli viene chiesta l’altezza della ragazza, disse di non saperlo. In sottofondo si sentiva anche una seconda voce.
Nel corso di una deposizione al Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo insieme con il Pm Simona Maisto, la superteste Sabrina Minardi, che era stata legata sentimentalmente al capo della banda della Magliana, Enrico De Pedis detto Renatino, ha confermato che Emanuela Orlandi è morta, ed ha riconosciuto la voce del telefonista Mario, che in realtà era un pregiudicato affiliato alla banda della Magliana e in particolare agli ordini di Enrico De Pedis, che secondo la ricostruzione degli investigatori è colui che avrebbe gestito il sequestro.
Emanuela Orlandi, figlia di un commesso della prefettura della Casa pontificia, scomparve in circostanze misteriose il 22 giugno 1983 all’età di 15 anni. Dopo le dichiarazioni rese da Sabrina Minardi la procura ha dato nuovo impulso agli accertamenti. Nei confronti di Mario la Procura procede per il reato di omicidio plurimo aggravato dalle sevizie e dalla minore età della vittima e sequestro di persona a scopo di estorsione. E’ presumibile che l’uomo venga raggiunto da un provvedimento cautelare per chiarire la sua posizione nell’ambito della vicenda.
Al magistrato Sabrina Minardi ha fatto un lungo racconto ricostruendo con maggiori particolari e con più logica il racconto che aveva fatto già nel giugno dello scorso anno quando rivelò che a Torvajanica all’interno di un cantiere c’era una betoniera dentro la quale erano stati gettati due sacchi, contenenti due corpi. Secondo il suo racconto uno era quello di Emanuela Orlandi, uccisa qualche mese dopo il sequestro. La Minardi non vide il corpo della Orlandi, seppe che si trattava della ragazza da De Pedis, che accompagnò in un cantiere a Torvajanica. Con De Pedis c’era un altro uomo che non è il telefonista. La teste ha ora chiarito che il secondo corpo non era quello di Domenico Nicitra. «Di Nicitra l’ho saputo anni dopo da altre persone in circostanze simili», ha ammesso la Minardi. Domenico Nicitra, 11 anni, figlio di Salvatore, imputato al processo della banda della Magliana, scomparve il 21 giugno 1993 assieme allo zio Francesco, fratello del padre. De Pedis era già morto: venne ammazzato il 2 febbraio 1990.
Le ultime novità sul caso Orlandi sono vissute dalla famiglia di Emanuela come una «svolta importante, tutta da verificare». Restano comunque scettici sul coinvolgimento della Banda della Magliana nella vicenda, visto il risultato degli accertamenti svolti in passato. A riassumere i sentimenti di Maria Orlandi, la mamma di Emanuela e dei famigliari, è l’Avvocato Massimo Krogh: «la famiglia - spiega il legale - non ha mai abbandonato la speranza che Emanuela sia viva ma come sempre ha fiducia nella magistratura e attende che i fatti siano verificati». «Sono passati 26 anni nell’attesa di riabbracciarla»: Maria Orlandi, la madre di Emanuela, parla con voce serena ma preferisce evitare commenti sugli sviluppi dell’inchiesta che hanno portato la procura di Roma a iscrivere nel registro degli indagati il misterioso telefonista «Mario», che chiamò la famiglia pochi giorni dopo la scomparsa della ragazza. «Non voglio sapere nulla - dice -. Emanuela ce l’ho nel cuore, sempre presente nel mio cuore. Vivo per lei». Oggi una parente ha telefonato alla signora Orlandi per informarla delle novità delle indagini su Mario. «Si sentono cose...- dice Maria, perplessa - Aspettiamo, vediamo se sono vere o se è una bolla di sapone. Sono passati così tanti anni e lo hanno individuato adesso?». Dall’inizio di questa tormentata vicenda, la madre di Emanuela non ha mai cambiato atteggiamento: «Ogni notizia mi sembra che tutto sia successo ieri. E’ un romanzo che continua. Mio marito Ercole in una trasmissione televisiva disse: Se Emanuela è morta, ci dicano almeno dove per poterle portare un fiore. Ma in tutti questi anni nessuno si è fatto vivo». Il padre di Emanuela, dipendente vaticano, è morto cinque anni fa, all’inizio di marzo del 2004. Un mese prima, intervistato in un programma tv, aveva detto: «Noi tutti in famiglia, dopo vent’anni, crediamo che Emanuela sia ancora viva, in qualche parte del mondo. Mi raffiguro Emanuela non come una bambina ma da donna adulta, come credo che oggi sia. Andiamo avanti sempre con questo pensiero ed in famiglia la speranza è sempre viva, perchè mai nessuno ha parlato di Emanuela come morta, ma tutti, sempre, come viva. Noi speriamo veramente che sia ancora viva e andiamo avanti, finchè ci sarà la salute, per arrivare alla verità».
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